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Angel Olsen
Big Time
[Jagjaguwar/ Goodfellas 2022]

Sulla rete: angelolsen.com

File Under: ritorno alla tradizione


di Domenico Grio (27/06/2022)

Angel Olsen è una importante, su questo non possono nutrirsi troppi dubbi. Ottima autrice, grande interprete e titolare di una vicenda personale sufficientemente tormentata da stimolare in automatico l’interesse, forse anche un po' morboso, di una nutrita pattuglia di fan, per lo più radicata nell’ambito della scena alternativa americana. Il rischio di vedersi appiccicata irreversibilmente l’etichetta di musicista di culto, forse l’aveva spinta di recente, magari inconsciamente, a tentare di allargare il proprio consenso, con il risultato di semplificare troppo, pur senza mai banalizzare, la solida architettura cantautorale che, sin dagli esordi, aveva vestito con grande eleganza le sue canzoni. Big Time invece, grazie anche al contributo in veste di co-produttore di Jonathan Wilson, uno con le stigmate del predestinato, di certo poco incline all’ovvio o al popolano, si riavvicina alle radici, rivisitando la tradizione con rinnovato gusto estetico.

È una sorta di viaggio a ritroso alla ricerca di concetti basilari ma è anche un percorso dinamico che privilegia il calore dei suoni e delle parole. Sin da subito, da All the Good Times e dall’omonimo Big Time, brani d’apertura, si avverte questa impostazione mainstream che si adatta alla perfezione alla natura intimista dei brani. Angel sceglie il linguaggio a lei più congeniale per raccontare i recenti passaggi della sua vita, dalla sua nuova storia d’amore, al suo coming out e alla morte improvvisa dei genitori, creando delle modalità espressive che trovano una sintesi unica tra l’immediatezza e la spontaneità del lessico della provincia americana e una poetica docile e raffinata che conferisce pathos alle liriche. Cerca e trova schemi lineari e rassicuranti che riesce a riempire, con misurato garbo, della sua stessa essenza. È country music di gran classe, che vibra in profondità e scivola con la dolcezza di una carezza, che si arricchisce, in qualche passaggio, di umori soul e gode spesso dello sviluppo narrativo tipico della tradizione folk, alternando panorami agresti a più levigati scenari urbani.

Angel, infatti, sembra un po' cogliere l’attitudine musicale di Gillian Welch, la fragilità di Victoria Williams, la cupa irrequietudine di Mary Gauthier e la propensione onirica di Hope Sandoval, ma porta tutto questo nella propria dimensione, con stile ed autenticità. Il risultato d’insieme è ottimo, al punto che è complicato scegliere gli episodi migliori tra i dieci brani di questo album. L’acustica All the Flowers seduce con nostalgica leggiadria, Ghost On e This Is How It Works hanno la forza dei classici, Right Now cresce attimo dopo attimo ed è uno dei pezzi in cui si disvela con maggior successo l’apporto di Jonathan Wilson, Through the Fires e Chasing the Sun, chiudono il disco con suggestioni jazz, fuori tempo e magari fuori contesto ma che accentuano il senso di malinconia che pervade, con romantico afflato, l’intero progetto.

Forse qualcuno, non senza apparente motivo, avrebbe preferito un lavoro in studio meno “invasivo” e la ricerca di sonorità più naturali ed asciutte. Per quanto ci riguarda, come già accennato, gli arrangiamenti rappresentano invece un valore aggiunto e il tratto identitario di un album, senza mezzi termini, consigliatissimo.


    


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