Stephen Foster
An american songwriter
Autori vari
Beautiful Dreamer - the songs of Stephen Foster
(American Roots Publishing/ Emergent 2004)
 

Non è una esagerazione considerare Stephen Foster come "the first american songwriter". Così lo definiscono infatti le note di presentazione di questo tributo alle sue composizioni. Beautiful Dreamer - the songs of Stephen Foster è l'atto di nascita di un'interessante progetto, l'American Roots Puplishing, che meglio non poteva riassumere i suoi intenti con un'operazione di questo genere. "Celebrare i tesori nascosti della cultura americana" significa ritrovare uno spirito, francamente oggi molto sbiadito e spesso manipolato dalla politica, di un'intera nazione. Il raggio d'azione prevede non solo la musica, ma ogni espressione dell'arte (letteratura, pittura, cinema) con scopi didattitici, interazione con le scuole, manifestazioni. Nella speranza che una simile iniziativa trovi interlocutori sensibili - e magari augurandoci che anche dalle nostre parti si riesca a concepirne una di tal fatta - era logico pensare ad un disco che potesse fare da cassa di risonanza.

Il nome di Foster non appartiene evidentemente alla nostra memoria, ricoprendo un ruolo fondamentale soprattutto nello sviluppo della moderna folk music americana. Eppure, parte del suo repertorio ha travalicato i confini per diventare patrimonio della cultura popolare occidentale: le melodie di Oh Susanna e Captown Races sono infatti note a tutti al primo ascolto. Foster è figlio di un'America giovane e in pieno sviluppo. Nasce il 4 luglio (un destino!) del 1826 nei sobborghi di Pittsburgh, a cinquant'anni esatti dalla fondazione degli Stati Uniti. Una vita errabonda, sconclusionata, segnata da affetti familiari sempre calpestati: morirà nel gennaio del 1863, a soli 37 anni, la gola tagliata a causa di una grave caduta. La sua arte era stata da tempo superata con l'avvento della guerra civile: finì i suoi giorni in disgrazia, con soli 38 cents in tasca. I suoi brani, strumentali e cantati, sono in gran parte ascrivibili alla tradizione delle cosiddette Minstrel songs: un genere di "farsa" che sfruttava la musica delle diverse etnie di immigrati e prevedeva l'esibizione di attori bianchi mascherati e pitturati come gli schiavi Africani. Ed è maledettamente vera la constatazione che il Minstrel aveva una lontana parentela con il rock'n'roll: entrambi "rubavano" i segreti di altre musiche per crearne una nuova. Foster è dunque l'antesignano del songwriting moderno proprio perchè fu il promo autore ad intuire l'arte del melting pot americano, dell'unione di stili differenti: il folk degli irlandesi, le ballate degli scozzesi, i ritmi degli africani, le polke della mittleuropa

Con una confezione ed una grafica a tema ottocentesco, entrambe molto curate (testi inclusi), Beautiful Dreamer è un tributo di non facile assimilazione, diciamolo subito. Chi supererà l'ostacolo tuttavia, oltre al valore storico, avrà tra le mani una sequenza di brani che raramente scadono nella sterile calligrafia, creando una struggente atmosfera. Un disco che fa della spiritualità delle interpretazioni e del loro essere omonegee le sue armi migliori. I nomi coinvolti non sono necessariamente pezzi da novanta (alcuni ve ne sono), ma tutti hanno più o meno colto il senso dell'operazione. Sul fronte dei "blasonati" si distinguono lo spanish style di Raul Malo (Beautiful Dreamer), l'asciuttezza folk di John Prine (My Old Kentucky Home, splendida) e Alvin Youngblood Hart (Nelly Was a Lady), il country-blues divertito di Michellle Shocked e Pete Anderson (Oh Susanna) e la sempre magnifica Mavis Staples (il piano gospel di Hard Times Come Again no More). Piccole sorprese arrivano invece con gli spiritosi BR5-49, impegnati nella marcetta orientaleggiante di Don't Bet Money on the Shanghai, dalla romantica Judith Edelman (No one to love), che trova due speculari interpreti maschili in David Ball (old folks at home) e Ron Sexsmith (Comrades Fill no Glass for Me), e infine dalla sempre più brava Grey de Lisle, specializzatasi ormai in spettrali sussurri folk (Willie We Have Missed You). Se anche Mr. Bob Dylan in persona ha dichiarato di risalire ogni tanto al buon vecchio Stephen Foster, significa che queste canzoni, a 150 anni di distanza hanno ancora un mistero da svelare
(Fabio Cerbone)

*La scaletta
1. Beautiful Dreamer (Raul Malo)
2. Slumber My Darling-Yo Yo Ma (Edgar Meyer/ Mark O'Connor/ Alison Krauss)
3. Don't Bet Money on the Shanghai (BR5-49)
4. Nelly Was A Lady (Alvin Youngblood Hart)
5. No One To Love (Judith Edelman)
6. Camptown Races (The Duhks)
7. My Old Kentucky Home (John Prine)
8. Autumn Waltz (Henry Kaiser)
9. In The Eye Abides The Heart (Beth Nielsen Chapman)
10. Old Folks at Home (Swanee River) (David Ball)
11. Oh! Susanna (Michelle Shocked & Pete Anderson)
12. Willie We Have Missed You (Grey DeLisle)
13. Hard Times Come Again No More (Mavis Staples)
14. Gentle Annie (Ollabelle)
15. Jeanie With the Light Brown Hair (Roger McGuinn)
16. Ah, May The Red Rose Live Always! (Suzy Bogguss)
17. Holiday Scottisch (Will Barrow)
18. Comrades Fill No Glass For Me (Ron Sexsmith)

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