Chris Robinson Brotherhood
Phosphorescent Harvest
[
Silver Arrow/ Good Fellas
2014]

www.chrisrobinsonbrotherhood.com

File Under: Bay Area visions

di Fabio Cerbone (01/05/2014)

Avviata con l'idea di essere un diversivo rispetto alla principale occupazione dei Black Crowes, l'avventura della "Fratellanza" di Chris Robinson si è caricata strada facendo di un significato discografico più denso, a maggior ragione oggi che la storia dei fratelli Robinson è di nuovo in un periodo di stallo. Tre infatti sono i lavori pubblicati nel giro di due anni, senza contare l'estemporanea uscita solo su vinile di Betty's S.F. Blends Volume 1, una collaborazione dal vivo con l'ingegnere del suono dei Grateful Dead Betty Cantor-Jackson, apoteosi in qualche modo della filosofia jam del gruppo californiano. Il problema di questa prolificità era mantenere una qualità medio alta del materiale a disposizione, perché a lungo andare, nelle mura di uno studio, la libera attitudine all'improvvisazione non avrebbe potuto reggere.

Il "raccolto fosforescente" della Chris Robinson Brotherhood parte proprio da questo assunto e prova in effetti a dare una svolta più melodica al repertorio: l'impressione è che a questo giro le canzoni contino di più o che vogliano quanto meno scalciare alla pari con gli svolazzi strumentali di Neal Casal (chitarre) e Adam Macdougall (tastiere), veri elementi di dialogo nella musica del gruppo. Dunque, dopo la sbornia psichedelica di Big Moon Ritual, ancora oggi il loro manifesto, dopo la mediazione con le radici sudiste di The Magic Door (forse il disco concettualmente più rock del lotto), Phosphorescent Harvest dovrebbe cercare una sintesi e al tempo stesso una mossa in avanti. L'impressione è che sia più riuscito nelle intenzioni che non nei fatti, perché Robinson canta con voce più svagata del solito delle sue "visioni" e la band procede spesso a tentoni, a volte scovando un momento di pura estasi, altre invece perdendosi in qualche vicolo cieco.

Su tutto aleggia la produzione di Thom Monahan (del giro freak folk di Vetiver e Devendra Banhart) che mantiene un pizzico dell'eccentricità psichedelica da West Coast, ma tenta anche di rendere la "Fratellanza" più accattivante. Si parte infatti con le coloriture quasi glam di Shore Power e una innaffiata di tastierine maliziose, che inevitabilmente restano invischiate nei pieni anni Settanta. About a Stranger torna subito all'ovile, ovvero sia in cerca dello spirito di Jerry Garcia tra le vallate della California, alternandosi però con qualche effluvio persino di marca pop in Meanwhile in the Gods... Di questo passo l'intero spettro di una stagione indimenticabile del rock è passata in rassegna: dagli amati Dead (quelli di Workingman's Dead dalle parti di Clear Blue Sky & the Good Doctor) ai Little Feat, dai Beach Boys ai Quicksilver (la cavalcata western di Badlands Here We Come), passando addirittura per qualche coloritura progressive e svenevolezze country alla Eagles (Tornado, sempre frullata però con passaggi di chitarra e arzigogoli di organo che escono direttamente dalla baia di Frisco). Si finisce un po' spossati con i sette minuti della trasognata ballad Burn Slow, tra i momenti simbolici di un album un po' accartocciato su se stesso.


   


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