Anderson East
Delilah
[
Elektra
2015]

www.andersoneast.com

File Under: new soul generation

di Fabio Cerbone (31/07/2015)

Non si arresta l'onda del "nuovo" soul dalle manie nostalgiche e un giovane viso pallido si aggiunge alla lista, Anderson East. La carta di identità segna Alabama e la storia familiare conserva il ricordo di un nonno pastore della Chiesa Battista: abbiamo già tutti gli elementi per incuriosire il pubblico e anche per vantare il corretto background. I fatti poi vengono confermati dall'ascolto di Delilah, l'esordio ufficiale, quanto meno l'album che lo pone sotto i riflettori nazionali. La sua carriera infatti ha due precedenti: il debutto con il nome di battesimo, Mike Anderson, avviene nel 2009, giovanissimo, a ventuno anni, ma di Closing Credits for a Fire non si rinvengono tracce, come a dire che è una vicenda che appartiene a un altro artista; il seguito è un lavoro indipendente del 2012 intitolato Flowers of the Broken Hearted, dove fa la sua comparsa lo pseudonimo ancora oggi utilizzato.

È tuttavia l'arrivo in cabina di regia di Dave Cobb, ormai una presenza ingombrante tra i produttori dell'attuale scena tradizonalista americana (si veda alla voce Jason Isbell, Chris Stapleton e Strugill Simpson…), a offrire contorni più definiti alla formula di Delilah. Un disco a suo modo adorabile per chi ancora sogna la decantata "sweet soul music" dei Muscle Shoals, l'età dell'oro di Otis Redding e di tutto il movimento southern soul che ruotava intorno ai Fame Studios (Find 'Em, Fool 'Em and Forget 'Em, unica cover presente, arriva proprio dal team formato da Rick Hall e George Jackson). È il limite intrinseco di questo ritorno di fiamma che stiamo vivendo in queste stagioni: Anderson East canta con piglio scafato e una convinzione che supera spesso in maturità i suoi ventisette anni, ma dà la sensazione di riprodurre quanto già scritto nel mito. Rispetto alla media delle proposte del genere ha tuttavia i numeri per sfondare: la sua musica è accattivante per i palati fini che vagheggiano il passato nelle trame sixties di Only You e nel caldo clima sudista di Satisfy Me e Devil In Me, fiati impeccabili arrangiati da Jim Hoke, un letto di voci gospel e l'intepretazione da manuale dello stesso Anderson East.

Allo stesso tempo, usciti dallo struggimento di All I'll Ever Need, tutto passione, piano blues e voci femminili a innalzare lo spirito, la musica di Delilah sfonda volentieri le barriere della linea r&b, prendendo una manciata di radici bianche, che appartengono di diritto al nostro Anderson, disegnando ballate che mostrano visioni Americana e malizie pop rock. Accade nell'agrodolce What a Woman Wants to Hear o tra gli archi della conclusiva Lying In Her Arms e pare di ascoltare un piccolo sunto del Ryan Adams periodo Gold. Non è dato ancora sapere se questa strada allargherà il suo tracciato nei prossimi lavori, perché la barra di Delilah punta ancora a Sud in Lonely e Keep the Fire Burning, brani vincenti più per il loro coté sonoro, per l'intensità dei dialoghi fra sezione fiati, organo e voci, che non per un songwriting ancora troppo ligio alle regole, diciamo pure imitativo.


    


<Credits>