Jesse Malin
New York Before the War
[
One Little Indian
2015]

www.jessemalin.com

File Under: New York City serenade

di Fabio Cerbone (01/04/2015)

Jesse Malin osserva la scritta sul muro di fronte al suo vecchio appartamento di New York, legge "The War" e pensa a tutte le guerre quotidiane, interne ed esterne, che dobbiamo combattere per restare umani in questo mondo. New York Before the War prende ispirazione da questo aneddoto ed esprime una visione sulla musica, un manifesto del modo di intendere e vivere il rock'n'roll da parte di uno degli ultimi santi rimasti in città, come cantava qualcuno. A cinque anni dal chiassoso e divertente Love it To Life, che chiudeva un ciclo orientato alla fisicità del punk rock (si pensi anche al precedente Glitter in the Gutter, l'album più diretto della sua discografia), Malin torna in parte alla poesia urbana che aveva contraddistinto l'inizio della sua carriera solista e in particolare al clamoroso e sottovalutato The Heat, nel frattempo mediando con la saggezza di autore maturo.

Ne scaturisce uno dei lavori più intensi e meglio a fuoco della sua produzione, perché capace di contenere le diverse anime del songwriting, dal selvaggio battito delle "backstreets" newyorkesi alla malinconia di una ballata pianistica, dal fragore delle New York Dolls e dei Ramones al romanticismo nero di Lou Reed, passando per Springsteen, Willie Nile e Ian Hunter. Le coordinate in fondo sono sempre le stesse, storie metropolitane di abbandono e riscatto, questa volta con un tono ancora più disperato e personale, che pescano in un taccuino affollato di canzoni. Jesse Malin dice di averne scritte quaranta e di averle registrate in più sessioni, cominciate in Virginia e completate a New York con l'apporto di Derek Cruz alle chitarre, Catherine Popper (Cardinals) al basso, e Randy Schrager (Scissor Sisters) e Paul Garisto alla batteria. Ne ha selezionate tredici, rispettando il criterio del 33 giri di una volta, quando un disco racchiudeva un mondo intero. New York Before the War è esattamente questo e non mente nella sua onestà in via di estinzione: le chitarre affilate come coltelli, le melodie strascicate dalla voce nasale di Jesse, quel piano a sottolineare un cuore affranto sotto la scorza dura del rocker.

Sono rimasti in pochi come lui, forse giusto il "compagno di sbronze" Ryan Adams e come nel più recente episodio discografico di quest'ultimo, seppure con minori ganci pop, New York Before the War è un disco fuori del tempo, rock americano e chitarristico di impianto classico, che si strugge ai poli con The Dreamers e Bar Life, coppia di ballate da "Grande freddo" newyorkese, autentiche cronache di alienazione urbana, e in mezzo infila stilettate punk del tenore di Turn Up the Mains (con tanto di sax fragoroso e ospitata di Alejandro Escovedo ai cori, tanto per chiarire dove andremo a parare), appassionati omaggi al beat antico del rock'n'roll in Bent Up (per un amico musicista scomparso di overdose), capogiri elettrici perfetti come Oh Sheena (Joey Ramone ringrazia da lassù) e Addicted, primo malizioso singolo dall'aria sixties che riporta alle atmosfere del debutto di Jesse, The Fine Art of Slef Destruction. She's So Dangerous commuove nei rintocchi di piano e chitarra, mentre The Year that I Was Born distende un docile folk elettrico sulle ali di un organo. Freeway riporta su i cursori con un battito serrato e il lancinante intervento alla solista di un redivivo Wayne Kramer (MC5), a sottolineare per l'ennesima volta l'immaginario musicale che nutre da sempre Malin. In I Would Do it For You spunta persino il jingle jangle della Rickembacker di Peter Buck, contributo che ammorbidisce la malinconia del disco, anche se il pezzo da novanta si intitole She Don't Love Me Now, ed è la ballata intrisa di soul che non può mancare in un disco del genere.

"Ho sempre pensato alla musica come a uno stile di vita, un posto dove esorcizzare i tuoi demoni, entrare in contatto con gli altri e provare felicità anche nei posti più tristi", scrive Jesse Malin. Noi la pensiamo allo stesso modo.


    


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