Chris Robinson Brotherhood
Barefoot in the Head
[Silver Arrow
2017]

chrisrobinsonbrotherhood.com

File Under: hippie baroque

di Davide Albini (01/08/2017)

Non abbiamo fatto in tempo a prendere confidenza con la nuova formazione del fratello Rich insieme al vecchio pard Marc Ford, i Magpie Salute, che Chris Robinson ci incalza con l'ennesimo episodio della sua "Fratellanza", quinto disco di studio e terza uscita ufficiale nel giro di un anno o poco più, preceduta da Any Way You Love, We Know How You Feel, dal successivo ep If You Lived Here, You Would Be Home by Now e dall'ennesimo disco dal vivo. La band, insomma, non conosce un momento di pausa e a dispetto dalla prolificità che potrebbe far pensare a qualche mancanza di idee originali oppure a una certa ripetizione degli schemi, la Chris Robisnon Brotherhood ha probabilmente tirato fuori dal cilindro il suo disco più interessante dagli esordi, senza dubbio quello con le canzoni più strutturate.

Non preoccupatevi, troverete ancora quella voglia di jammare che fa dichiarare a Chris, con un'espressione che trovo molto efficace, che la loro musica è "hippie baroque", ma nel contempo c'è più attenzione per le canzoni, per la melodia e la semplicità, come se il gruppo si fosse tenuto a disposizione entrambe le strade: l'improvvisazione psichedelica da una parte, la scrittura folk e country rock dall'altra. C'è molta tradizione in effetti in questo Barefoot in the Head (un titolo che rende bene l'immagine hippie dei ragazzi), con momenti acustici e persino profumi roots in High Is Not the Top, con tanto di banjo, che rimandano agli amati Grateful Dead di American Beauty, quando la band di Garcia scoprì le gioie della campagna. D'altronde l'album è stato concepito da Chris Robinson e Neal Casal, i principali motori musicali della band, nella pace della Marin County, California, a due passi dai luoghi che cinquant'anni fa accolsero proprio i Dead e tutta la generazione della band psichedeliche di Frisco.

L'eco di quella stagione lo percepiamo forte e chiaro dentro le ballate che colorano l'arcobaleno di Barefoot in the Head: la brezza del Laurel Canyon e di una west coast mai tramontata in Blonde Light of Morning, le immancabili fragranze orientali che attraversano Glow, con il sarod dell'ospite Alam Khan, le armonie di She Shares My Blanket e If You Head a Heart to Break, brani che ricordano i migliori Black Crowes in chiave bucolica, quelli di Before the Frost... per intenderci, e soprattutto non li fanno rimpiangere. Con un nuovo batterista ormai in pianta stabile, Tony Leone, e con un più misurato intervento delle tastiere di Adam MacDougall (protagonista in positivo nella chiusura di Good to Know, la traccia più spirituale e freak del disco), la Chris Robinson Bortherhood sembra avere raggiunto il giusto equilibrio, senza dimenticarsi tuttavia di scrivere episodi che dal vivo, ne sono certo, prenderanno la via dell'espansione dei suoni e della mente. Mi riferisco al vivace funk di apertura Behold the Seer, alle chitarre che si fanno più incalzanti in Hark, The Herald Hermit Speaks, e anche alla bluesy Blue Star Woman, che in verità è uno dei momenti in cui qualcosa pare girare a vuoto, un peccato veniale sia concesso.

Con il susseguirsi frenetico delle uscite e qualche perplessità, che non avevamo mancato di far notare, per la più recente produzione della band, Chris Robinson e la sua Brotherhood dimostrano al momento di avere il mood e le canzoni migliori nate dalla grande famiglia dei Black Crowes. Lo conferma a maggior ragione questo disco inatteso e ispirato, una lettera dai giorni più felici della sunny California.


    


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