Ray Davies
Americana
[Sony Legacy 2017
]

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di Silvio Vinci (16/05/2017)

Si erano amati, da subito. Poi qualche incomprensione, e tra i Kinks e gli USA, l'idillio finì; addirittura fu loro proibito di suonare in territorio statunitense negli anni migliori della band inglese, la più inglese di tutti, quella dell'autoironia, dei riff di chitarra acidi e delle ballate dandy, del mod e del thè delle cinque. Ray Davies è stato uno dei più prolifici, originali e creativi songwriter d'Europa, non si è mai fermato a raccogliere i tributi, e non si è mai accontentato di scrivere la copia delle sue mitiche composizioni, ma ha sempre dato vita a nuove forme di arte (letteratura, tv, teatro), di musica principalmente, tanto da poter oggi, dopo oltre cinquant'anni, permettersi di fare liberamente quello che desidera, ancora una volta cercando l'originalità. L'idea era scrivere un autobiografia (in realtà ce n'è una del 2014), incentrata soprattutto su la storia di amore/odio tra Kinks e America, e la sua vita negli USA, ma è stato più semplice scrivere canzoni, confezionate come una specie di audio film, o meglio una cronistoria cantata.

Davies ha continuato ad amare gli USA, e anche con i Kinks negli anni 70 riuscì a riconquistare il credito e la stima, anzi furono proprio le vendite dei dischi in quegli anni, negli Stati Uniti, a mantenere viva la band che, in Inghilterra, era in un certo qual modo messa in secondo piano dopo l'esplosione del progressive prima e del punk e della new wave dopo. Alla fine dei settanta i Kinks si sciolsero, Ray e Dave (il fratello) litigarono e di loro non si seppe nulla per un periodo abbastanza lungo, fino al ritorno alla musica sia dei Kinks che del nostro amico in veste solista, ma queste sono storie che sapete tutti, importanti comunque ad inquadrare il progetto di oggi. Musiche e parole di Ray Davies, Commendatore dell'Ordine dell'Impero Britannico, Americana è l'ennesimo regalo di un grande della musica rock contemporanea. Insieme alla classe infinita dell' "antropologo con la chitarra", come venne definito Ray Davies, dobbiamo segnalare la presenza come turnisti dei Jayhawks, che indubbiamente caratterizza il suono del disco.

Americana apre con l'omonimo titolo, ed è una ballata come quelle che riconosceremo tra mille, in pieno stile "Muswell Hill", la voce che -appena- rivela l'età del ragazzo ormai settantaduenne del Nord di Londra, col ritornello e i cori dei Jayhawks -in sottofondo- che giustamente danno un tocco non più British ma da provincia americana appunto, e il disco fila liscio con una sequela di splendide e sonnacchiose melodie, come sono sempre state quelle scritte da Ray Davies. The Deal è la mia preferita, ed è strutturata come solo lui sa fare, graffiante nei testi e frizzante con quell'incedere di accordi meravigliosi, che sono gli stessi che mi inebriavano in Sunny Afternoon e God's Children. Poetry concede molto allo stile dei Jayhawks, nel suono, mentre Message From The Road è una ninna nanna, immagino pungente invece che dolce, come nel suo stile. The Mystery Room è musicalmente rock, pur essendo un triste e grottesco racconto di una vicenda personale a New Orleans, e via via, l'opera diventa autobiografica col recitato in Silent Move che si completa come un medley in Rock'n'Roll Cowboys. Change for change è il racconto in stile blues rurale, delle vicissitudini della vita americana, come Davies le raccontava del proletariato e della upper class britannica nei primi settanta.

Insomma Ray Davies è sempre il cronista crudele, rockettaro mod che abbiamo amato e non può essere diversamente che ironico in I've Heard That Beat Before, A Long Drive Home to Tarzana (ricordate Holiday in Waikiki?) e The Invaders (come vennero chiamati i Kinks quando giunsero in America). Risuonano i riff della storia in The Great Highway in compagnia della band di Gary Louris, che si presta al gioco col suo piglio country rock; chiude l'album la deliziosa Wings Of fantasy a suggello di un lavoro, che ci riconsegna un rocker vivo e vegeto, ancora capace di graffiare con la sua satira e di raccontare spaccati di vita personale e del paese che lo ha ospitato, l'America. Imperdibile per nostalgici degli eroi di celluloide, dei tramonti su Waterloo e le colline di Muswell. Gli dobbiamo tanto rispetto e stima, e non facciamo gli schizzinosi se non è il disco più bello che ha scritto.


    


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