The War on Drugs
A Deeper Understanding
[Atlantic 2017
]

thewarondrugs.net

File Under: non si esce vivi dagli anni 80

di Fabio Cerbone (13/09/2017)

Come se ci trovassimo in un cortocircuito fra passato e presente, ma con lo sguardo rivolto in avanti, una sorta di "Ritorno al futuro" del rock'n'roll, i War on Drugs sono a modo loro la perfetta sintesi di questo momento storico. Suonano classici e a quella idea di classicicità rock si rifanno apertamente, ma non sono affatto tradizionali e conservatori nel senso più stretto del termine; non abbracciano le cosiddette radici, eppure le evocano sulla distanza nella scrittura maestrosa dei loro brani, che imbastiscono intime ballate dagli accenti dylaniani e cavalcate urbane dal timbro springsteeniano; fanno due passi indietro per recuperare la grandeur ritimica del rock anni 80, invaso da sintetizzatori e "big drum sound", ma al tempo stesso lo proiettano nel gusto indie di queste stagioni.

Operazione complessa, anche a rischio di essere fraintesa: cosa rappresentano davvero oggi i War on Drugs di Adam Granduciel? La firma per la Atlantic e le sacrosante ambizioni del gruppo dopo l'exploit di Lost in the Dream, il loro manifesto sonoro, non hanno scalfito la direzione intrapresa: da questo punto di vista le idee sono cristalline, gli obiettivi alla luce del sole, proseguendo sul sentiero tracciato. Ogni cosa qui echeggia le intuizioni del predecessore, soltanto ancora più grandi, solenni, enfatizzate, un'opera che corre persino il pericolo di implodere su se stessa, che sceglie di presentarsi con un "singolo" di undici minuti e passa, Thinking of a Place, che è un cortometraggio in piena regola (si veda anche il relativo video), un romanzo breve che chiarifica le aspirazioni della band. Granduciel, trascinato nelle meditazioni intime dei suoi testi, a volte invero un po' generici, si cincorda del sestetto che ha fatto la fortuna di Lost in the Dream, ma nasconde armoniche, pedal steel, sax (meno evidente il ruolo di Jon Natchez) dentro un manto di riverberi e synth rock che sembrano sbucare dritti dal 1985.

Up All Night lo afferma forte e chiaro in partenza, poi c'è solo l'imbarazzo della scelta, anche quando il motore del gruppo si abbassa di giri, in Knocked Down, Strangest Things o nel finale dell'album, più pacato e sognante con Clean Leaving e You Don't Have to Go. Si tratta anche di un timido segnale di stanchezza, rispetto ad una prima facciata più esuberante, dove la già citata Up all Night e l'avviluppo di squillanti tastiere e strali chitarristici di Holding On e Nothing to Find affinano l'arte War on Drugs così come si è venuta a creare dal lavoro precedente, con una consapevolezza dei propri mezzi (Pain è una ballata esemplare in tal senso, compresa la punta acida della chitarra nel mezzo) che sarà forse il vero limite da scalfire per Granduciel e compagni nel prossimo futuro. Nel loro caso però le divisioni temporali sembrano essere solo luoghi comuni, tanto il loro rock appare fuori del tempo e attuale nello stesso istante.


    


<Credits>