Alejandro Escovedo with Don Antonio
The Crossing
[Yep Roc/ Audioglobe
2018]

alejandroescovedo.com

File Under: rockin' on the border

di Fabio Cerbone (01/10/2018)

Questo è un disco importante. Lo è per ragioni che riescono prodigiosamente a tenere insieme da una parte qualità e fascino musicale e dall'altra una grande idea, un concept si sarebbe detto un tempo senza vergogna, che traduce l'amore incondizionato di Alejandro Escovedo per il rock'n'roll e la sua forza di liberazione, in una storia che interroga i nostri tempi, parla dell'America sognata e tradita, dell'idea di perdita di innocenza e disperazione che sottende una vicenda di immigrazione. Non è accaduto spesso di recente, non è capitato soprattutto in quel mondo di songwriter e tradizioni americane che oggi sembrano essere più preoccupati del proprio fazzoletto di conquiste artistiche e assai meno del rischio insito nel loro mestiere.

The Crossing è invece una coraggiosa sinfonia rock, dai tratti epici e romantici, che si snoda lungo diciassette brani come una nascosta autobiografia personale dello stesso Escovedo: due immigrati, Diego e Salvo, uno messicano, l'altro italiano, sradicati dagli affettti ma alla conquista della "promised land", verso il "miraggio del Norte" che hanno immaginato attraverso gli accordi di una chitarra e la salvifica potenza del rock'n'roll. "Questo disco parla di me più di qualsiasi altro, nonostante non sia un disco su di me", afferma Alejandro ed è la pura verità che si manifesta strada facendo, nella spola fra Austin e New York che sembra echeggiare questa musica, fra il rock del confine e quello metropolitano, fra i Los Lobos (chi più di loro nel nome del meticciato musicale?) e Lou Reed, nelle trame latine che sottolineano le fondamenta da cui proviene Escovedo e il terriccio elettrico che fornisce la band, tutta italiana, che ha assecondato il nostro durante le incisioni.

È difatti l'intensa collaborazione con Don Antonio, sotto la direzione artistica di Antonio Gramentieri e delle sue chitarre, a trascinare Alejandro Escovedo fra Stati Uniti, Messico e Italia, quest'ultimo il luogo prediletto per registrare The Crossing, in terra di Romagna. Don Antonio aveva stretto un sodalizio con il rocker texano durante l'ultimo tour italiano, poi proseguito per tutta Europa, la bancking band che Escovedo non si sarebbe mai aspettato: melodia italiana, roots messicane e anima punk rock stradaiola hanno trovato un'alleanza immediata, lo hanno stimolato, e adesso tutto ciò sfocia in Teenage Luggage, Outlaw for You (un organetto che cospira con il fantasma di Doug Sahm), nel primo vibrante singolo Sonica USA e in Fury and Fire, ma anche nei contorni ritmici più sinuosi di Footsteps in the Shadows, How Many Times o Cherry Blossom Rain.

È la sintesi di uno stile che mantiene un'ispirazione invidiabile da anni e che in The Crossing pare ricollegarsi immediatamente alle vette di lavori quali "With These Hands" e "Thirteen Years", in quell'utilizzo sapiente degli archi, che annunciano il viaggio di Diego e Salvo con Andare e poi si rivolgono alla tragica nostalgia del cammino in Something Blue e Texas is My Mother, una delle ballate più emozionanti dell'album insieme al ripescaggio della pianistica Silver City, in duetto con il suo stesso autore Joe Ely. E sono proprio i numerosi ospiti a rendere ancora più rilevante questo progetto, dove Escovedo ha voluto al suo fianco alcuni di quegli eroi musicali che lo hanno cresciuto: da Wayne Kramer degli MC5 nella citata Sonica USA a una reunion che ha un po' del miracoloso fra Peter Perrett e John Perry degli Only Ones nel sentimentale scatto da ballata rock urbana di Waiting for Me.

The Crossing - omonima canzone compresa in chiusura - è il tentativo di una testimonianza di umanità sulle rovine di un'America (e di un occidente) che sembra aver perso la sua battaglia con l'idea di incontro, molteplicità di culture e progresso.


    


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