Glen Hansard
Between Two Shores
[Anti-/ Self
2018]

glenhansardmusic.com

File Under: celtic rock soul

di Fabio Cerbone (29/01/2018)

Chissà da quale parte della riva è rivolto lo sguardo di Glen Hansard in copertina. Between two Shores indica un punto cruciale fra la partenza e l'arrivo, la scelta risolutiva di una meta da raggiungere, oppure la decisione di tornare indietro. È il momento che dovrebbero fotografare queste nuove dieci canzoni del cantautore irlandese, ritratto un po' come un vecchio marinaio e incorniciato in un bianco e nero che non rende del tutto giustizia alle sfumature del disco, così intriso dei suoi amori musicali. Più ancora dell'esordio solista Rhythm and Repose e del fortunato Didn't He Ramble, album quest'ultimo che gli è valso una nomination ai Grammy nella categoria folk, Between two Shores è la rappresentazione dell'anima romantica, errante e combattuta di Hansard, dove il ruolo dei fiati, un certa predisposizione elettrica più accentuata che in passato, tutto contribuisce ad imboccare la strada del celtic soul, di un folk rock dal cuore melodico, là dove il mentore Van Morrison, il giovane Springsteen, l'amato Bob Dylan e il rock pastorale di The Band formano e sostengono l'ispirazione di Glen.

Croce e delizia sarà sempre il confronto con il successo internazionale di "Once", film e colonna sonora, il relativo progetto The Swell Season creato con Marketa Irgolva e quel docile suono acustico attraverso il quale ci si aspetta ogni volta di definire il songwriting di Hansard. In verità Between two Shores giunge al culmine di percorso molto coerente e maturo, motivo per cui non è più il caso di imbrigliare il musicista di Dublino in una figura sterotipata: ci sono le chitarre nervose e il pulsare r&b classico di Roll On Slow a indicare la nuova direzione, con arrangiamenti ceselllati nei dettagli, un gusto non indifferente per suoni rotondi e passionali, che offrono la prova definitiva dell'equilibrio musicale raggiunto. Non bastassero a convincere anche i più scettici, emergono una manciata di ballate che soltanto una voce e un interprete fuori del comune come Hansard possono trasformare in qualcosa di classico e attuale al tempo stesso: la struggente limpidezza di Why Woman, i morbidi movimenti elettro-acustici di Wreckless Heart, il sentimentalismo di piano e archi di Setting Forth, fino al culmine di una irresistibile Lucky Man, con un leit motiv della sezione fiati che arriva dritto al cuore.

Certo, qualche volta a Glen Hansard capita di esagerere nel mettere in mostra le sue fissazioni musicali, e allora Movin' On è un crescendo emozionale che fa a gara per diventare la migliore imitazione del Van Morrison d'annata (periodo Astral Weeks, a occhio e croce), mentre One of Us Must Lose supera di poco la soglia dell'agrodolce leggerezza pop. Sono peccati lievi in un disco, nato ai Black Box Studios in Francia e completato fra New York e Chicago, che vede la partecipazione dell'intera touring band di Hansard, nonché di collaboratori quali il pianista Thomas Bartlett e il batterista di area jazz Brian Blade, che offrono tutti quei punti di vista in grado di trasformare le inquietudini, le preghiere, i tratti sociali delle composizioni di Glen Hansard in qualcosa che sia anche musicalmente coinvolgente (l'esaltazione di Wheels on Fire), un abbraccio reale all'ascoltatore (Your Heart's Not in It), consolandolo con la convinzione che il tempo (il falsetto di Time Will Be the Healer) guarirà le ferite di un mondo che sembra metterci alla prova, facendoci perdere la fiducia in noi stessi.


    


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