Mavis Staples
We Get By
[
Anti-
2019]

mavisstaples.com

File Under: soul of a woman

di Fabio Cerbone (01/06/2019)

 

È una rete metallica a “separare” dal sogno americano, pensato per altri, non per quei ragazzini. Ma potrebbe essere anche un filo spinato, oppure un muro da costruire alla frontiera. Il potente scatto di Gordon Parks - storico fotografo della rivista Life, regista (è l’uomo dietro il successo di Shaft) e attivista per il Movimento dei diritti civili scomparso nel 2006 - è un messaggio esplicito e riassume il travaglio di Mavis Staples in We Get By. Lei, raggiunto il traguardo degli ottant’anni, dichiara fiera di non essersi mai sentita così forte. È ancora una messaggera, una voce che si è bagnata fin da bambina nelle acque del gospel e del soul per far emergere parole di speranza e lotta, come le insegnarono il padre Pops Staples e il reverendo Martin Luther King, senza cedere un passo davanti a prevaricazioni e ingiustizie.

Proprio nel 2017 Mavis ha avuto l’onore di ricevere il Gordon Parks Foundation Award, per il suo impegno civile trasmesso in musica, e da qui si sono dipanati i fili che arrivano oggi alla copertina di We Get By, una foto che fa parte della serie intitolata “The Restraints: Open and Hidden”, ma soprattutto sono emerse le strade che hanno messo in comunicazione la sua capacità interpretativa con le liriche scritte per lei da Ben Harper. È infatti il chitarrista e autore californiano ad assumersi il ruolo di songwriter e produttore del disco, dovendosi confrontare, tra gli altri, con giganti come Ry Cooder e Jeff Tweedy, che in passato avevano ridato slancio alla carriera di Mavis. Harper sceglie il percorso più naturale e asciutto possibile: un suono live catturato negli studi di Hollywood, con i musicisti più familiari per la Staples, la sua touring band formata dal chitarrista Rick Holmstrom e dalla sezione ritmica di Stephen Hodges e Jeff Turmes.

Il groove è brusco e diretto fin dall’apertura di Change, boogie che sprona al cambiamento in un’America irriconoscibile, pronta a ricadere negli stessi terribili errori del passato. La timbrica di Mavis è più scura e certo gravata dall’età, ma è capace di reinventarsi, anche grazie al sostegno delle voci di Donny Gerrard, Laura Mace e CC White, che all’occorrenza soffiano sulle trame funky soul dei brani, dalla pulsante Anytime all’inconfodibile tremolio swamp, direttamente mutuato dallo stile degli Staples Singers, in Sometime e Stronger. Tra preghiera e risveglio delle coscienze, Mavis ci crede ancora: canta perché l’anima della gente si trasformi, per il volgere positivo dei sentimenti e di un messaggio che unisca invece di dividere. Sa bene cosa significhi segregazione Mavis Staples, che ha trovato nei testi appositamente scritti e pensati per lei da Ben Harper una convincente comunione di intenti, tanto da completare l’album con entusiasmo a pochi mesi dall’ultima celebrazione dal vivo.

La coppia artistica duetta èroprio in We Get By, limpida ballata soul che bene si affianca alla coda finale del disco, che lentamente si fa più riflessiva, dall’orgogliosa Chance on Me, trafitta dal breve e tagliente solo di Holmstrom alla chitarra, al cullare fiducioso di One More Change, ideale chiusura del cerchio, lì dove eravamo partiti. We Get By possiede forse meno sorprese sonore e invenzioni rispetto alla collaborazione con il citato Jeff Tweedy, ma nel disciplinato approccio di Harper e dei musicisti sembra tributare il giusto peso alla storia stessa di Mavis Staples, alla sua dimensione di testimone civile di quell’America che non si piega di fronte all’odio.


    



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