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Early James
Strange Time to Be Alive
[Easy Eye Sound 2022]

Sulla rete: earlyjames.com

File Under: american raindog


di Fabio Cerbone (01/09/2022)

Esponente di una rinnovata canzone d’autore sudista, dall’espressione un po’ ermetica, intreccio di scuri umori blues, gotiche ballate folk e carezze soul notturne, Fredrick James Mullis Jr. in arte Early James, da Troy, Alabama, è certamente una delle scoperte più singolari entrate a far parte della scuderia discografica della Easy Eye Sound, l’etichetta di Dan Auerbach (Black Keys). Quest’ultimo si ritaglia ancora una volta il ruolo di produttore in occasione del secondo album, il qui presente Strange Time To Be Alive, lasciando però carta bianca al solo talento grezzo di Early James, che grazie al suo stile vocale lacerato e rauco, un po’ lupo mannaro alla Tom Waits perso nei campi di cotone del Mississippi, colora con tratti più accesi, elettrici e stridenti il materiale dell’album.

Un passo avanti in termini di personalità e obiettivi rispetto al già interessante esordio del 2020, Singing for My Supper, uscito nel bel mezzo del trambusto della pandemia e frenato nelle sue possibilità di crescita in pubblico. L’occasione si ripresenta adesso e con tutte le carte migliori da giocare: aiutato da qualche azzeccata comparsa, come quella della giovane collega Sierra Ferrell in Real Low Down Lonesome, furbesca ballata d’amore dai toni latini e retromaniaci, infarcito di musicisti dal curriculum inattaccabile quali Tom Bukovac (Willie Nelson, Keb’ Mo’) alle chitarre, Jay Bellerose (Joe Henry) alla batteria, e Mike Rojas (Tyler Childers, Yola) alle tastiere, il disco accentua la singolare scrittura di Early James, eclettica tanto nelle liriche quanto nella parte musicale, un mix di evocazioni jazzy alla Tom Waits e di languori roots appresi dalla lezione di The Band.

Nell’insieme l’opera ne guadagna enormemente in fascino e mistero, aprendo sulle note sinuose e bluesy di Racing to a Red Light e trasportando l’ascolto nei vicoli bui di una Straightjacket for Two che potrebbe sbucare da una session di Raindogs, o ancora fra le volute di fumo e alcol di My Sweet Camelia e nell’inferno di Harder to Blame. L’accusa di una dipendenza stilistica sarà il fardello che Early James si troverà sulle spalle da qui in avanti, ma l’intensità dell’interpretazione e la perfetta trama sonora che Auerbach e band ricamano intorno al suo songwriting lasciano in disparte le accuse più superficiali. Strange Time to Be Alive è un disco che colpisce nel segno per il suo carattere anomalo nella geografia dei giovani autori Americana e anche quando Early James prende la strada della tradizione tout court, la qualità istrionica delle sue ballate, dalla stessa What a Strange Time to be Alive alle numerose varianti in chiave romantica di Splenda Daddy, Wasted and Wanting fino al crooning della pianistica e demodè Pigsty, l’impressione è di trovarsi davanti a uno stilista di suoni e versi che possiede anche un carattere poetico e istrionico da mettere in mostra.

La riprova? L’agitata e gorgogliante Dance in the Fire, solo voce (e che voce) e chitarra acustica, che asciugando al massimo la composizione di Early James ne evidenzia ancora di più i tratti spiritati e affascinanti, degni di una lunga eredità musicale.


    



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