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Carson McHone
Still Life
[Loose Music/ Goodfellas 2022]

Sulla rete: carsonmchonemusic.com

File Under: lost in Austin


di Fabio Cerbone (02/03/2022)

Scoperta dai talent scount inglesi della Loose music, sempre a caccia di nuovi talenti, durante una delle ultime edizioni del South by Southwest, il famoso raduno musical/discografico di Austin, la texana Carson McHone era apparsa timidamente sulla scena internazionale grazie al precedente Carousel, di fatto il primo disco a porla oltre i confini regionali (un esordio nel 2015 pubblicato in totale autonomia). Una voce che non solo si andava ad aggiungere alle già interessanti proposte dell’etichetta in ambito di rappresentanti femminili dell’Americana (si veda Courtney Marie Andrews, o più di recente la brillante rivelazione Margo Cilker), ma che rimetteva in circolo un certo modo di intendere la canzone roots d’autore più intima, tradizionalista e indipendente al tempo stesso.

Le basi solide di partenza c’erano tutte, la personalità anche, mancava ancora un po’ di ambizione per uscire dal guscio protettivo delle sue radici honky tonk e alternative country, per non sembrare insomma una delle tante. Still Life è esattamente il disco che potrebbe avviare un altro percorso per la giovane Carson, una biografia la sua che sa di provincia e romanzi da West americano, un po' Larry Watson un po' Ivan Doig, lontano un miglio: barista con un sogno in tasca, cameriera che da dietro il bancone si è fatta spazio fino ad arrivare sotto i riflettori del palco. Il punto di svolta è rappresentato dall’incontro artistico con il funambolo rock canadese Daniel Romano, che ha portato Carson McHone nei suoi studi di registrazione in Ontario, curando l’intera regia musicale di Still Life, aggiungendovi le spezie delle sue chitarre e chiamando in soccorso pochi fidati collaboratori, Mark Lalama all’accordion, piano e organo, e David Nardi al sax. Lo slittamento di approccio e stile è evidente fin dalla propulsiva Hawks Don’t Share, con un rotolare folk rock e un soffio di fiati che offrono più colori all’espressività di Carson McHone.

Definita una raccolta di storie che parlano di sabotaggio, confusione e resa alla vita, Still Life conquista per la sua sottile esuberanza, frutto certamente dei consigli di Romano, ma anche per l’interpretazione della McHone, che si pone a metà strada fra le citate colleghe del vasto sottobosco Americana e una bramosia pop che potrebbe spingerla nella direzione di Aimee Mann o Natalie Merchant, se dovessimo proprio azzardare qualche musa ispiratrice. Di sicuro c’è un’intera prima facciata che fa sbocciare chitarre e melodia, accompagnandosi ai riverberi sixties e al finale pungente ed elettrico della stessa title track, nell’aria più sbarazzina e quasi power pop di una “costelliana” Someone Else, tra il crescendo di tensioni e armonia di Spoil on the Vine, mentre nel mezzo si colloca il valzer per accordion e luna texana di Fingernail Moon, sempre sorretto da un uso intelligente delle voci (spesso la stessa Carson raddoppiata) e degli interventi della sei corde solista.

Qui e altrove, ancora una volta, è inutile nascondere l’abilità di Daniel Romano nel trovare sempre il mood giusto, la nota e l’arrangiamento perfetti per esaltare il tono confessionale di Carson, che assume il suo ruolo con la richiesta eleganza (la pianistica Sweet Magnolia, dolcemente cullata dagli archi), si concede alle eccentricità del produttore (la sottilmente retromaniaca Only Lovers), riprende una quota di raffinata chanteuse (End of the World, il finale introspettivo e folkie di Tried) e più in generale si concede un secondo tempo di Still Life in cui acustico ed elettrico dialogano con parsimonia ed equilibrio, mostrandone il volto più elegiaco della scrittura.

La sintesi è anche il gioiello della collezione e si intitola Folk Song, a confermare la semplicità d’animo dell’autrice: l’atmosfera si fa un’altra volta dolcemente sixties e quando entra in scena la chitarra elettrica, gli effluvi californiani da morbida psichedelia ne rappresentano l’ideale completamento.


    


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