Lee Harvey Osmond
The Folk Sinner
[
Latent Recordings
2012]

latentrecordings.com/leeharveyosmond

File Under: rock noire, acid folk

di Emilio Mera (31/01/2013)

The Folk Sinner, secondo album per il combo canadese Lee Harvey Osmond, è uno di quei "rari" album che ai giorni nostri suona completo. Tutte e dieci le canzoni contenute richiedono diversi ascolti per essere assimilate nella loro totalità, facendo risaltare un suono stratificato fatto di sfaccettature diverse, piccoli dettagli che rendono il loro sound unico e originale. Folk Sinner riunisce in sé un sound etereo, magnetico e psichedelico che ad ogni ascolto rileva qualcosa di sorprendente e affascinate. Un sound dalle tinte noir che shakera e serve nel bicchiere un melange esplosivo di groove notturni, colori psichedelici o acidi (vengono spesso chiamati "acid folk mover") che può ricondursi alle incursioni notturne dei Morphine, dei Velvet Underground o di Nick Cave & The Bad Seeds. I Lee Harvey Osmond rimangono la creatura preferita di Tom Wilson, camaleontico leader del gruppo con quella sua voce aspra, vellutata e bagnata da fumo e whisky, uscito indenne dall'età d'oro del rock canadese dei '90 con i suoi Junkhouse, incontrando poi una nuova audience con il progetto roots Blackie and Rodeo Kings. Ma se questi ultimi suonano nelle ore calde della giornata, i LHO suonano nelle ore notturne per tutte quelle persone che si rifiutano di andare a letto prima delle 5 del mattino.

Come nel precedente (A Quiet Evil vincitore del Polaris Music Prize) si sente lo zampino di Michael Timmins nella produzione dell'album che risulta scura e spaziosa come se qualcuno avesse spento le luci in un grosso teatro e la band continuasse a suonare senza che uno si renda conto di cosa stia effettivamente accadendo. I Lee Harvey Osmond rimangono un combo aperto agli amici di sempre, che vede oltre ai regulars Ray Farruggia (già nei Junkhouse), Aron Golstein (e la sua chitarra lacerante) e Brent Titcomb, ospiti illustri da Margo Timmins (presente nella conclusiva e struggente Deep Water) a Andy Mize e John Finlaysan (degli Skydiggers), alle vocalist Astrid Young, Oh Susannah e dal sorpendente Hawklsey Workman presente nel singolo Break Your Body (il cui video vede la partecipazione di Kathlen Edwards nella veste insolita di attrice). E il vecchio Tom sembra giocare tra il "peccatore Folk" e il folk singer canadese per antonomasia Gordon LightFoot, aprendo il disco con la misconosciuta Oh Linda! (da Lightfoot) dove trame dark blues e desertiche si muovono tra Doors e Morphine all'ombra di un basso martellante.

Devil's Load
spiazza tutti con un brano soulfoul dal groove irresistibile con tanto di armonica, foot stomping e chitarra acida. Se Easy si basa su trame psichedeliche, quasi ipnotiche care ai Velvet e ai 13Th Floor Elevators con tanto di viola e slide, Big Chief ci regala emozioni intense con una love song dall'andatura melanconica guidata dal suono della steel e dal canto femminile. La bluesata Honey Runnin' (con quel sax molto Morphine) riesce a farti star sveglio nonostante il sonno, l'alcol e il fumo mentre Leave This House (con quel riff che sembra attingere a State Tropper di Springsteen) è rock 'n roll allo stato puro con tanto di chitarra distorta e ritmi ripetitivi. Il secondo singolo Freedom suona come il migliore JJ Cale (si noti una certa somiglianza con Cajun Moon) e vince la palma del pezzo più cool dell'album dove sax, flauto e chitarre si mescolano in un vortice incontenibile tra percussioni escotiche dal sapore desertico. Un album vibrante dalle tinte noir che suona completo e libero dalle mode.



     


<Credits>