Cronaca
di una scoperta L'inizio della conversione
dell'uomo e dell'artista Cat Stevens Malibu, California, estate 1975.
Un artista in crisi con la sua coscienza, le sue proiezioni, i suoi incubi,
le sue paure. Cat Stevens è un artista in fase calante, come la luna che
ha cantato solo pochi anni prima e che ha contribuito ad accrescere la sua fama.
La vena straordinaria che nel giro di un paio d'anni gli ha permesso di scalare
le classifiche di mezzo mondo sembra si stia gradualmente esaurendo. Oltretutto
la Island ha posticipato l'uscita del suo album già pronto, Numbers, per dare
alle stampe una raccolta antologica del suo periodo migliore, quello da Lady D'Arbanville
in poi. Stevens non è d'accordo, ma ancora una volta deve sottostare alle esigenze
dei discografici, tra i quali Jerry Moss, manager della A&M, l'etichetta che lo
rappresenta negli States. Quella sera è ospite da lui, nella sua villa a
pochi metri dal mare. Un sogno, un luogo meraviglioso, ma i suoi pensieri volano
altrove. Qualche piccolo intermezzo musicale, poi la resa a un flusso di coscienza
che disperde i suoi pensieri come il vento, in altre direzioni. È un'anima in
pena, guarda l'orizzonte ma non scorge quella luce che sta cercando ormai da tempo,
quasi a riecheggiare una sua canzone di circa cinque anni prima, Fill My Eyes,
dove raccontava di una piccola imbarcazione senza timone… Decide di fare
due passi sulla spiaggia, abbandonando una conversazione che gli pesa come e più
di un macigno. Si toglie le scarpe e prova un primo brivido a contatto con la
sabbia, poi i vestiti, quasi a scrollarsi di dosso un passato che non vuole, cercando
di impedire un futuro contaminato da quei giorni vuoti e senza fiato. La temperatura
dell'acqua quasi lo invita tra i suoi misteri, il richiamo della vita risuona
tra le sue membra in attesa di fuggire da una dimensione terrena, un gioco di
voci, quasi ammalianti come il canto delle sirene… È un attimo. Il giovane
Cat si ritrova immerso tra le onde e quasi si affida a loro, come in un sogno.
È un attimo. Quando riapre gli occhi si rende conto di essersi allontanato
troppo dalla riva. Cerca di tornare indietro, qualche bracciata violenta,
con più forza, ma niente… la sagoma dell'amico Jerry Moss si fa sempre più impercettibile,
sembra che un gioco di correnti si stia divertendo con il suo destino, ammesso
che ancora ce ne sia uno a diposizione. Prova a gridare, ma la voce gli resta
ancorata in petto, come in quegli incubi in cui si cerca di urlare con tutta la
forza a disposizione, senza riuscire a emettere il più debole suono, un'implosione
di energia. Si sente perduto. La sua vita gli corre davanti in un attimo,
neanche trent'anni eppure già così caotica di significato, di successi planetari,
di conquiste, una sull'altra. Ma non quella che gli interessa. Le forze cominciano
a mancare, si sente perduto. Rinuncia a nuotare e decide di chiamare quell'entità
che sta cercando, che ancora non ha un nome, e forse non lo avrà mai. Trova la
forza per parlargli. "Se mi fai uscire vivo da qui dedicherò a te tutta la
mia vita". Non ha la forza di proseguire e si arrende, in attesa che il mare
diventi la sua tomba. Piano piano una debole corrente lo avvolge come un
candido lenzuolo e lo porta a riva, senza che lui faccia niente per aiutarla.
Incredulo si ritrova al sicuro, sulla sabbia. Si asciuga, tremando. Non per
la paura, non per il freddo. Ma perché Cat Stevens non esiste più.
(© David Nieri 2008)
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