Dave Simonett
Red Tail

[Dancing Eagle/ Goodfellas 2020]

chrismoysemusic.com

File Under: alt-country songwriting

di Fabio Cerbone (17/04/2020)

Non so quanti di voi abbiamo confidenza con il nome di Dave Simonett, ma è facile che lo abbiate incrociato nei progetti musicali a cui ha dato vita a partire dal 2004 in quel di Duluth, Minnesota, un posto che ha già parecchio di mitologico per chiunque frequenti la musica folk americana (scorrere alla voce Bob Dylan, nel caso). Per prima cosa ha fondato i Trumpled by Turtles, una della band di punta del circuito roots/ bluegrass degli ultimi dieci anni, anche se stranamente non è mai capitato di occuparsene su queste pagine, quindi si è inventato lo pseudonimo Dead Man Winter, sotto il quale ha pubblicato l’ottimo Furnace nel 2017, disco di limpide ballate alternative country che affrontava il duro passaggio di un matrimonio fallito.

Oggi è arrivato il momento del vero e proprio esordio solista, quello dove era lecito metterci la faccia ed esporsi in prima persona: un po’ perché la principale attività con i Trumpled By Turtles è in sospeso, e un po’ perché, dice lui, queste canzoni erano troppo personali per trovare posto sotto altre forme. Non che cambi davvero qualcosa di essenziale dall’impostazione dei Dead Man Winter, per esempio, ma in quel caso la collaborazione con la band era più attiva e così si giustificava la scelta di un progetto collettivo. Le composizioni di Red Tail sono nate in solitaria, nel più classico binomio voce e chitarra, tra le mura del suo studio casalingo di Minneapolis, salvo poi essere leggermente “sporcate” da qualche intervento esterno, pochi musicisti fidati a creare una specie di suono atmosferico, timidi interventi dell’elettrica, un pianoforte, qualche voce, non molto altro.

Si conserva così l’anima più fragile di questi brani, che in realtà ci raccontano per constrasto di un autore più sereno con se stesso, rischiarato da sprazzi di luce nei sentimenti. Purtroppo l’impostazione scarna, quando non esplicitamente eterea, delle otto tracce, per un album breve e dalla natura dimessa, non rendono giustizia alle intenzioni di Simonett, che sembra più inseguire un ambiente sonoro, un mood elettro-acustico, ma si scorda di tenere alta l’attenzione dell’ascoltatore. L’andamento cantilenante di Revoked e quello rarefatto di una ballad pianistica come In the Western Wind and the Sunrise rimandano chiaramente al Neil Young più immalinconito di After the Goldrush, magari passando per tutta la trafila dell’alternative country che abbiamo imparato ad amare dagli anni Novanta in poi (Jason Molina potrebbe risultare un parente stretto). Richiamano da vicino quella stagione le tracce country rock più agrodolci come Silhouette e You Belong Right Here, che sono anche tra i pochi episodi che accentuano il ritmo e ricamano con qualche chitarra saltellante, mentre la pelle di Red Tail si asciuga e disidrata fino a toccare l’essenza della scrittura country folk con You Belong Right Here e Pisces, Queen of Hearts, due chitarre e una eco distante da America perduta, colonna sonora da western crepuscolare.

Tutto ciò prima che il disco si chiuda con una corale preghiera a più voci, l’invito di Dave Simonett alla speranza, un po’ gospel, un po’ Basement Tapes, in There’s a Lifetime Deep in the Night Sky, che pare quasi una demo in presa diretta. Ed è esattamente questa modestia, tutta raccolta in se stessa, che a volte tende a diventare un po’ troppo uniforme nei colori e nei suoni.


    


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