![]() |
![]() |
Jeff Buckley Grace [Columbia 1994] ![]() | |||
1. Mojo Pin // 2. Grace // 3. Last Goodbye // 4. Lilac Wine // 5. So Real // 6. Hallelujah // 7. "Lover, You Should've Come Over" // 8. Corpus Christi Carol // 9. Eternal Life // 10. Dream Brother // 11. Forget Her | ||||
Fu
un fulmine a ciel sereno l'esordio nel 1994 di questo figlio d'arte, che aveva
ereditato dal padre Tim una vocalità quasi angelica e spinta fino a quattro ottave
di estensione. Fu un fulmine a ciel sereno perché nessuno pensava che in un disco
solo si potesse sintetizzare lo spirito di un decennio di fuoco (in ambito musicale,
ovviamente) come gli anni Novanta, con il lirismo di Cohen e Van Morrison, la
grazia di Edith Piaf e Nina Simone e le tessiture classiche di Benjamin Britten.
Il risultato di questa miscela, al quale va aggiunta la chitarra di Jeff, uno
dei chitarristi più grandi e sottovalutati degli ultimi vent'anni, è un disco
che sembra quasi privo di collocazione spaziotemporale, etereo e corposo allo
stesso tempo, sospeso fra raffiche del torrido vento di Seattle, ma elevato a
livelli celesti dal volo della voce di Buckley. Il resto lo fanno canzoni come
Grace, Lover You Should've Come Over o Last Goodbye, oltre
all'ormai inflazionatissima cover di Hallelujah di Cohen, che qui sembra
vivere di una vita lontana anni luce dall'originaria versione del canadese. Difficile
dire se parte dell'aura che circonda questo disco sia dovuta anche alla prematura
morte di Buckley, inghiottito da un gorgo nel Mississippi prima di potere
giungere alla fatidica prova del secondo disco. Tuttavia, la foggia di Grace
rifulge di luce propria, collocandosi di diritto fra i più grandi dischi della
storia del rock. (Gabriele Gatto) |
![]() | Torna al precedente | Vai al successivo | ![]() |