:: Recensioni
 
Seleziona una rubrica:


Ultime novità:


Nina Simone
Nina's Back


Lazy Lester
All Over You


Willie J. Campbell
Be Cool

Abbiamo parlato di:

Autori Vari
Playing for the Man at the Door

Blind Boys of Alabama
Echoes of the South

Johnny Rawls
Walking Heart Attack

Duke Robillard & His
All-Star Band
Six String of Steel

Durand Jones
Wait Til I Get Over

Taj Mahal
Savoy

GA-20
Live in Loveland

La Ratte
Astray

Marc Broussard
SOS IV: Blues for Your Soul

Mississippi MacDonald
Heavy State Loving Blues

Johnny Rawls
Going Back to Mississippi

Yates McKendree
Buchanan Lane

Lee Fields
Sentimental Fool

Robert Conelly Farr
Shake It

Buddy Guy
The Blues Don't Lie

John Németh
May Be the Last Time

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
Home page


BlackHighway   blues, soul & black music
Condividi


     
 

Lazy Lester
Traveling Days: Live in Italy
[New Shot Records 2024]

Sulla rete: newshotrecords.com

File Under: swamp blues


di Roberto Giuli (27/04/2024)

È sempre meritorio rispolverare una storia. Questa vicenda ha luogo nella Louisiana degli anni Cinquanta, nell’area intorno a Crowley, circa settanta miglia da Baton Rouge, all’epoca musicalmente compressa tra blues, cajun, zydeco e rock’n’roll. Musica del bayou, la classica terra di mezzo anche in senso stilistico, neanche fossimo a sud; e qui occorre un termine adatto. “Lo swamp blues si inserisce in un contesto culturale radicato nella musica popolare, lontano dai percorsi evolutivi del blues contemporaneo; è uno stile caratterizzato soprattutto dalla rilassatezza vocale e strumentale degli interpreti, quasi a riflettere la slow life tipica del sud” (cit. S. Marise).

Niente di più azzeccato, ma ogni storia ha i suoi personaggi. Per esempio Jay Miller, produttore presso la Excello di Nashville, uomo che non si fa scrupoli nel firmare i brani dei suoi artisti, oppure musicisti che rispondono al nome di Slim Harpo, Lonesome Sundown, Lightnin’ Slim (la sua Bad Luck del ’54 in qualche modo inaugura il genere) o Lazy Lester, al secolo Leslie Johnson, uomo che, in conformità con il suo nickname, ha fatto della pacatezza la sua bandiera. Armonicista dallo stile piuttosto vivace, ci ha passato tutta la vita professionale in quella terra di mezzo, con la sua passione per blues e country e il suo spirito genuino, rimanendo fondamentalmente appannaggio per gli appassionati al di fuori delle grandi platee. Eppure quest’uomo, classe 1933 (scomparso nel 2018), nella Hall Of Fame del blues dal 2012, ha inciso con gente come Sue Foley, Lucky Peterson, Kenny Neal e per etichette quali Antone’s, Ruf, Telarc; ha realizzato l’ottimo Lazy Lester Rides Again nel 1987 per la Blue Horizon e la sua parabola si intreccia con quella di insospettabili eroi quali Dwight Yoakam, che nel 1988 rivede la sua I Hear You Knockin’, Fabolous Thunderbirds, alle prese con il classico Sugar Coated Love (idem per Lou Ann Barton) o addirittura i Kinks, i quali includono I’m A Lover Not A Fighter nel loro disco di debutto (1964). Tutta roba marchiata da Miller, avrebbe firmato chissà che quel geniale marpione.

Piccoli, grandi classici per una carriera a suo modo rimarchevole, spesso penalizzata da un repertorio non altrettanto memorabile, complice il carattere di Lazy, impegnato a viverlo e a suonarlo il suo blues, più che ad archiviarlo. La storia infine include la presente pubblicazione, grazie alla New Shot di Renato Bottani, impegnata nel riportare a galla queste incisioni realizzate durante il Nave Blues del 1991. Forte di una buona band, Joel Murphy, chitarra, Roger Gregory, basso e Tommy Shavers, batteria, Lazy sfodera una performance che non fa granché eccezione rispetto alle solite, ovvero semplice e diretta. Ancora protagonista è la rilassatezza, la gioia di fondo, quel non-impeto che pervade tutti i brani, The Same Old Thing Could Happen To You, elettrica e rurale a un tempo, l’eccellente lento Patrol Blues (l’attacco di armonica un po’ a-la Williamson), Got My Mojo Workin’, Irene (con un piano sarebbe stato un gran terzinato), St. Louis Blues, “normalizzata” a suon di sesta e settima nel miglior (e improbabile) delta style; immancabile la menzionata Sugar Coated Love.

In copertina, appare significativo quel “sic” tra parentesi a proposito di Baby Don’t You Wanna Go, a metà tra Robert Johnson e Jimmy Reed. Quella canzone l’abbiamo già sentita, se non altro andando al cinema a vedere i Blues Brothers. Sempre con l’ironia del bayou però. Ben tornato Lester.