Corndaddy
Corndaddy
MediaDamage
2000



Ormai non ci facciamo quasi più caso al proliferare continuo di alternative-country band sul territorio americano: qualcuno sembra averne già abbastanza ed oltre a denigrare senza mezzi termini e distinzioni il genere, ne canta da parecchio tempo il "de profundis". Nessuno nega che la spinta iniziale si sia indubbiamente esaurita; le band migliori del settore stanno progredendo verso nuove soluzioni sonore (per fortuna! Mai rimanere fermi...), ma un bel gruppetto di anonimi continua a scalciare dai bassifondi della provincia americana, rivendicando un poco di attenzione. Non tutti se la meritano, ma quando si riscontrano onestà e dedizione alla causa, si piò sorvolare sull'originalità e sulla forza delle canzoni. Prendete i Corndaddy, quintetto di Ann Arbor, Michigan: il loro country rock godereccio e ruspante non porta nuova linfa al genere, ma sa come scaldare l'ambiente e regala una gradevole sensazione di dejà vu, che significa nella sostanza tanto cuore ed amore per la materia, ma poco genio. Pazienza, non tutti possono aspirare alla "zona scudetto", ma un dignitoso campionato non è negato a nessuno. Il loro debutto è costruito con elementi semplici, una fresca "shakerata" di alternative country, rock'n'roll straccione che molto deve anche agli Stones più infatuati dal country e naturalmente tutta la lunga schiera di roots heroes di questi anni (con particolare riferimento alle band della scuderia Bloodshot). Due gli autori principali del gruppo, Jud Branam e Kevin Brown, che si dividono in modo decisamente democratico la posta in gioco: grosse differenze di scrittura non vengono rilevate, anche se uno spirito più country e fin'anche honky tonk domina le canzoni del primo (Friday the 13th, Wanderlust, Just in it for the money), che in definiva risultano essere anche quelle più spigliate e coinvolgenti.

www.corndaddy.com