Giant Sand
Chore of Enchantment
Thrill Jockey
2000



Atteso già da un paio d'anni, è finalmente tra noi l'ultimo intrigante lavoro della band dell'Arizona, ulteriore capitolo di quello che un tempo, alla metà degli anni '80, venne definito desert-rock. Chore of enchantment rispetta il copione di un rock di frontiera scalcagnato e sbilenco, dove le radici folk e country vengono sovvertite dalla creatività deviata di Gelb e dei suoi fedeli compagni d'avventura, la coppia Convertino-Burns (basso-batteria), animatrice di un altro fantastico gruppo di "confine" quali i Calexico. Registrato tra Tucson, Memphis e New York, con l'apporto di ben tre produttori differenti (rispettivamente John Parish, Jim Dickinson e Kevin Salem), il disco gode tuttavia di una forte unitarietà nel sound, rispetto al passato più intimo e riflessivo, accodato agli stessi umori minimalisti, oscuri, dimessi dei Calexico o di bands come i Palace e Hayden. D'altronde è stato proprio lo stesso Howe Gelb ad anticipare queste sonorità nel recente passato, mostrando a tutti la capacità di scrivere ballate scheletriche, sulla scia del Neil Young più incupito. Non è dunque un lavoro facile da digerire e buono per tutte le stagioni: si astengano soprattutto gli amanti delle sonorità roots più classiche e quelli che mal sopportano sperimentalismi e deviazioni di percorso. Per gli altri c'è solo l'imbarazzo della scelta: dopo una folle apertura d'archi (Overture) si passa al tenebroso sound di Dusted, parente stretto delle intuizioni dei Calexico, ed alla bellissima ballata folk Punishing sun. Si cambia registro con il passo vellutato di X-tra wide, tra inserti di mellotron e soffici parti vocali, folk-pop sognante e stralunato. 1972 propone un minuto di delirante rumorismo punk ed aggiunge follia all'opera, facendosi compagnia con Temptation of egg, una sorta di omaggio al Beck-sound più claudicante e Wolfly, l'episodio più discutibile del disco, infarcito di loops e drum machine. Peccato veniale, perchè il resto è tutto oro colato: la desolante malinconia di Raw e Dirty from the rain, splendide ballate quali Shiver e No reply, le dissonanze e la furia rock di Satellite, il country straccione di Way to end the day. Chiude con lode un sentito omaggio all'amico scomparso Rainer Ptacek, grande chitarrista slide e spesso collaboratore dei Giant Sand, con la breve Shrine

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