Ramsay Midwood
Shoot Out The O.K. Chinese
Glitterhouse
1999



Ramsay Midwood
non può poteva essere altro che un outsider per eccellenza, votato ai margini per diritto di nascita: il suo debutto in casa Glitterhouse è una delle sorprese più succulente dell'anno e anche se presente sul mercato da diversi mesi, è decisamente il caso di rispolverare questo piccolo grande gioiello di american music. Shoot out at the ok... segue una linea tutta sua, fuori da qualsiasi logica di mercato e poco allineato anche con i gusti, bene o male dotati di un certo seguito, del nuovo roots-rock americano. Un disco scarno e scalcinato, rock rurale dalle inflessioni sudiste e dall'aria bluesy, tra le paludi della Louisiana, il bayou di John Fogerty, le chitarre di J.J.Cale ed il country-blues di Mississippi John Hurt. Coadiuvato da una rispettabilissima combricola di musicisti (se si sono scomodati per poco o nulla, un motivo ci sarà pure...), che comprende l'organo di Rami Jaffee dei Wallflowers e la batteria di Don Heffington (già all'opera con Neal Casal e Todd Thibaud), Ramsay sviluppa il suo lamento blues con una voce sgraziata e malconcia, riempiendo l'atmosfera con originali storie sui lamenti degli alligatori (Alligator's lament) e su strane erbe in crescita (Grass'll grow). In alcuni momenti sembra di trovarsi di fronte ad una versione ruspante del Tom Waits di Raindogs, come in Esther e nella strepitosa Waynesboro, roots music oscura e dal basso profilo, come solo in questi anni siamo riusciti a riscoprire. Spinnin' on this rock biascica un country straccione con un piano da bettola del sud in evidenza, mentre Mohawk river e Feed My monkey hanno un passo blues pigro e ciondolante ed una produzione talmente inesistente che sembra provengano direttamente da un'altra epoca. In tutto dieci brani (nove, se non vogliamo contare il talkin' iniziale di Dreary life), una splendida copertina ed una produzione (si fa per dire...) nelle mani dell'amico Randy Weeks. Il risultato? Poco più di mezz'ora di musica e non un solo minuto sprecato: da custodire gelosamente, visto il pattume musicale che gira di questi tempi.