Swinging Steaks
Kiksnarehat
Blue Rose
2000


1/2


Con le solite proverbiali difficoltà che contraddistinguono le bands del settore, le Swinging Steaks si riaffacciano alla ribalta dopo un prolungato periodo di silenzio: le ultime notizie risalgono al live acustico Bare, registrato alla fine del '96, dopo la sfortunata parentesi Capricorn con l'ottimo Southside of The Sky. Tornati al clima più familiare di un'etichetta indipendente, questi quattro ragazzi bostoniani appaiono nettamente ricaricati e desiderosi di mostrare tutta l'energia del loro rock'n'roll. Caratteristica singolare del gruppo è quella di avere un suono assai distante dal tipico rock east-coastiano e più orientata verso un ruspante roots-rock, ora rivolto al country texano, in altri momenti chiaramente influenzato da umori sudisti. L'apertura è puro rock'n'roll dal timbro stradaiolo, perché Freeman ha tutte le potenzialità (solo quelle, purtroppo…) del singolo killer, con le chitarre calde al punto giusto ed un solo nel finale (Tim Giovaniello) che è un piccolo bignami del southern rock. Bugs prosegue il discorso nell'incrocio tra slide ed organo, anche se il brano ha un andamento meno aggressivo e il trittico sudista si chiude con la ballata Stains Like Water. Quello che cattura delle Swinging Steaks è soprattutto la trasversalità nell'abbracciare diversi stili, generi e sottogeneri del rock americano più tradizionale. Prova ne siano due canzoni quali Heart Will Take You Home e Water the Desert: nella prima finiamo dritti in territori countyr&western, entrano in gioco banjo e mandolino (il bravo e versatile Jamie Walker, anche voce solista e principale autore con Giovaniello delle liriche) e sembra di sentire una band di Austin; nella seconda si sconfina chiaramente nell'alternative-country, con un sound tenebroso alla Sixteen Horsepower ed una ritmica incalzante alla Blue Mountain. Da qui in poi il disco scorre che è un piacere, con rare cadute di tono (Once in a While) e molti colpi di mestiere: dagli accenti "pettyani" di Don't Want Me Around al brillante country acustico di Win Again; dal classico roots-rock di What Did I Ever Do alla cover di Bob Seeger Get Out of Denver, trasformata in un boogie rock infernale con il piano di Jim Gambino che impazza per tutto il tempo. Morale della favola, Kiksnarehat è uno di quei dischi orgogliosamente di "serie b" che sanno far risaltare la bellezza del buon vecchio rock'n'roll