Rich Hopkins & Luminarios
My Lucky Stars
Blue Rose
2001

1/2
 

Rich Hopkins
è uno di quegli artisti irrimediabilmente destinati all'inferno della serie minore del rock americano, nonostante un buon talento che potrebbe fargli guadagnare maggiore considerazione dagli addetti ai lavori. Misteri, nemmeno tanto nascosti ed inspiegabili, del circo rock, che spesso possono gettare nello sconforto e nella frustrazione più totale. Nel caso in questione invece, il nostro eroe continua imperterrito a produrre ottimo rock'n'roll da vent'anni, senza cedere in ispirazione, pur con i suoi immancabili alti e bassi. A partire dal desert rock dei Sidewinders (poi Sand Rubies), band leggendaria dalle parti di Tucson, Arizona, durante tutti gli anni '80, fino alle sue innumerevoli incarnazioni successive, Hopkins ha sempre mostrato una propensione quasi maniacale verso quell'inconfondibile impasto di chitarre modello Young and Crazy Horse, ballate desertiche e infiltrazioni pop, che facilmente riescono a collocare la sua produzione accanto ai nomi di Steve Wynn, Chris Cacavas e di tutti gli eroi minori dell'indimenticata stagione del rock californiano denominata Paisley Underground. Da tempo stabilitosi nella famiglia Blue Rose, Rich è diventato uno degli artisti di punta dell'etichetta ed il suo ultimo lavoro di studio, Devolver, è risultato uno dei più venduti in assoluto dalla casa tedesca. Rispetto al pur ottimo Devolver, My Lucky Stars sembra godere di maggiore unitarietà, abbandonando certi sperimentalismi e trovate del predecessore. Ne guadagnano le canzoni: ottime su tutti i fronti, compatte e convincenti, scorrono senza intoppi sino alla fine, tra coivolgenti sventagliate elettriche di scuola Young (il suo unico inseparabile "amore"), ballate da spazi aperti e propensioni melodiche. Hopkins possiede il raro dono di una scrittura classica, che pochi oggi sono in grado di mostrare, e brani quali l'avvolgente Train of love e Swollen tongue o la furia rock'n'roll di Wildhare-lordsburg blues ne sono una testimonianza incontestabile. Nel mezzo ci troverete qualche ballata un po' di mestiere, ma anche di indubbio trasporto come Mexican divorce, Spoiled milk o la conclusiva, davvero epica, El camino e gli inevitabili "cedimenti" younghiani: N.Y. Blues, in cui risalta tutta la passionalità di Hopkins alla solista, avrete forse intuito a chi è dedicata e Walk away riporta a galla un country-rock ruspante periodo Zuma. My Lucky Stars regge su tutti i fronti, complici gli stessi insostituibili compagni, i Luminarios, e si rivela il suo disco più completo.


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