Bruce Cockburn - You've Never Seen Everything Cooking Vinyl 2003

Non ama le scorciatoie Bruce Cockburn, nasconde la semplicità dietro un linguaggio musicale ormai pienamente riconoscibile, unico per sensibilità e ricerca nel panorama del songwriting contemporaneo. D'altronde, se trent'anni di carriera e ventisette album alle spalle non vi sembrano la dimostrazione migliore di una poetica davvero speciale e un po' visionaria, non si capisce proprio cosa debba ancora dimostrarvi il nostro protagonista. You've Never Seen Everything è un disco lungo (forse eccessivamente lungo, settanta minuti non sono facili da reggere), indubbiamente complesso e dall'approccio scontroso: come si è anticipato, Cockburn non è mai stato semplice, ma rispetto al fascino notturno e jazzy di The Charity of Night o alla completezza d'autore di Breakfast In New Orleans, il nuovo lavoro mostra un volto assai più ambizioso. In questo senso ribadisce alcune conquiste musicali del recente passato, come l'insistente ricerca delle ritmiche oblique (All Our Dark Tomorrows), le influenze world (Tried and Tested) o certe tipiche ambientazioni soffuse (Open, Celestial Horses, Messenger Wind), ma ne amplifica anche gli aspetti meno gradevoli, tra cui un eccessivo lirismo, interminabili suite (proprio la title-track e Trickle Down) e la pecca a volte di nascondere grandi melodie in un talkin' un po' noioso (Postcards From Cambodia, comunque uno degli episodi più interessanti della raccolta). Coadiuvato come sempre alla produzione dall'amico Colin Linden, Cockburn ha voluto ribadire l'anima acustica della sua musica, la centralità della sua chitarra, cercando però sottili ammodernamenti tecnologici (leggi, qualche timido sample gettato nella mischia) ed arrichendo il piatto con le comparse di Emmylou Harris e Jackson Browne ai cori. Ininfluenti in ogni caso sulla struttura di un disco che sta tutto nella sua testa: ben più sostanziose semmai le presenze di Larry Taylor e Stephen Hodges, una sezione ritmica che porta la firma di Tom Waits, o il violino di Hugh Marsch. Tutti inevitabilmente e quasi per magia piegati al fascino della musica di Cockburn, nonostante questa volta appaia fin troppo articolata e a tratti pretenziosa
(Fabio Cerbone)

www.brucecockburn.com