Jolie Holland - Catalpa Anti/Epitaph 2003

Capita raramente che un disco all'apparenza di una nudità acustica portata all'estremo come questo, sia in realtà capace di aprirci orizzonti così vasti e meravigliosi, spazi aperti che si stagliano davanti ai nostri occhi in maniera così maestosa ed infinita. Nonostante Catalpa sia uscito in gran parte da un'appartamento di San Francisco e nonostante noi lo stiamo ascoltando, magari distesi sul sofà di casa, in un giorno di novembre, con il grigio che domina da fuori la finestra. Ma è proprio questo che la musica, la nostra musica, è in grado di fare: farci conoscere artiste come Jolie Holland, una sorta di spirito senza dimora che, partita giovanissima dal natio Texas, è arrivata in Canada, dove insieme a Frazey Ford, Samantha Parton e Trish Klein, ha fondato le Be Good Tanyas. Con queste ultime ha debuttato nel 2001 in Blue Horses, il primo lavoro delle canadesi, per poi andarsene giusto prima di Chinatown (dove appare comunque nelle vesti di ospite), e stabilirsi proprio in quel di San Francisco. Chissà dove la condurrà ancora il suo spirito. D'altronde ci troviamo di fronte ad un'artista dal talento vero e incontaminato. Lo dimostrano tante cose: basta pensare che la prima canzone l'ha scritta quando aveva solo sei anni (si, non ho sbagliato, sei) e che il fatto di suonare chitarra, violino e ukulele non gli impedisca di citare fra i suoi artisti preferiti, oltre a Guthrie, Dylan e numerosi artisti della folk music anche Nico e Syd Barrett, di cui riprende tra l'altro un frammento in questo disco. Il fatto poi che Tom Waits e Victoria Williams abbiano espresso pareri entusiasti sul suo lavoro la dice lunga sulle capacità della Holland e sul fatto di aver si prodotto un disco apparentemente suonato solo da chitarra e voce, ma con una serie di agganci ad una modernità quasi lancinante, che ascolto dopo ascolto cresce sempre di più in tutta la sua forza. Wandering Angus riesce ad esserne un perfetto esempio. Inoltre il fatto che a scritturare la ragazza siano stati quei marpioni dall'occhio lungo della Anti, quindi Epitaph, per i quali hanno lavorato negli ultimi anni artisti del calibro di Tom Waits e Joe Henry (con il suo ultimo strepitoso Tiny Voices) già la dice lunga ed è una garanzia in più per questo bellissimo esordio, dove la meraviglia ha inizio sin dal primo pezzo Alley Flowers, così tipicamente retrò, ma al contempo così vagamente sognante, quasi per assurdo psichedelica, passando poi a All the Morning Birds che ci fa attraversare l'oceano per quattro minuti e Black Hand Blues di Hattie Hudson, una folk song degli anni venti che suona attualissima. E lo stesso vale per tutte le altre, perchè il suo vero segreto, come accennavo, è quello di essere dannatamente "new time", pur rifacendosi all'old time. Un grande regalo per noi, di quelli da tenere ben stretti fra le mani.
(Ruggero Marinello)

www.jolieholland.com