Doug Kwartler - Halfway House Hollow Body 2003 1/2

 

Distante dalla New York più rockettara e modernista, l'esordio solista di Doug Kwartler è bagnato da un roots-rock provinciale (per la cronaca e riferimenti vari: ricordate gli Hangtown e Ted Lucas?), che si rifà, almeno nell'ispirazione, allo Springsteen di Nebraska (Hometown Of My Own sembra un outtake di quel disco) e ad alcune cose di Tom Petty. Già leader dei Foundry (band relativamente famosa nel circuito alt-country Newyorkese), Doug Kwartler registra quattordici tracce in uno stile musicale fra l'acustico (You Were Still e la trovata di All Good, la quale esula dal contesto roots-rock e si avvicina ad un Jim White-zydeco-strumentale) e l'elettrico, fra il rock sano e genuino, di quelli nati per correre (The Ride), ed un suono smaliziato, easy-listening: che sia chiaro, comunque nessun riferimento al filone Grushecky e alle bar band di Asbury Park. Halfway House, questo il titolo del disco di Doug, è un album che si lascia ascoltare, anche se con qualche riserva: la parentesi di (Prelude) ed il moto perpetuo di Nighttime (con trombe, armonie vocali e percussioni: ricorda vagamente i Beatles) sono esperimenti superflui. Fra le cose migliori sicuramente il crescendo elettrico di Morning Burn e di Places, l'energia di Mars e di Dreamcatcher. La forza di questi ultimi due brani sta nella loro struttura e nello stile accattivante, a noi arcinoto, costruito attorno alle chitarre, all'hammond e ad un testo semplice e semplicemente coinvolgente. Doug si cimenta, in completa libertà, alla batteria, al basso e alle chitarre, concedendo poco spazio alle apparizioni di Mark Leuci (ottimo strumnetista) e Mark Spencer (membro dei vecchi Blood Orange e alla chitarra anche per Jay Farrar). Forse un limite, sicuramente una prova di forza che gli garantisce piena autonomia. La sua voce non è graffiante come quella di Springsteen e il suo stile non si avvicina certo alla classe di Petty, Doug Kwartler fa parte di quei musicisti che arrancano all'ombra dei mostri sacri. E' uno di quelli che vivono la musica con dignità, regalando, in questo caso con Halfway House, ottimi spunti e qualche gemma di brillante american rock and roll.
(Carlo Lancini)

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