Charlie Musselwhite - Sanctuary Real World 2004
 

Potrebbe tranquillamente vivere di rendita, giocando a fare il virtuoso dell'armonica, tanto i numeri non mancherebbero. Charlie Musselwhite entra nella storia; prepara l'ingresso in tempo, almeno dagli anni sessanta, da quando intuisce che, oltre a seguire i maestri, è utile costruirsi uno stile personale; più o meno consapevolmente, Charlie è un talento fuori serie e non è più lo stesso da quando vede Willie Borum suonare l'armonica sul supporto. La sua storia parte da Koschusko, città del Mississippi che ne vede i natali nel 1944, passa per Chicago, per lo straordinario debutto Stand Back (1967), per Big Joe Williams e per un mucchio d'altre cose. Charlie conosce e suona con il who's who delle dodici battute; parimenti sembra approfondire oltre modo le possibilità del proprio piccolo strumento. La discografia è nutrita e lui potrebbe davvero, come dicevamo all'inizio, giocare a fare la vecchia gloria di Chicago. Invece no, sperimenta e guarda avanti. Come testimonia un precedente disco per la Pointblank, Continetal Drifter; come evidenziano le amicizie e le collaborazioni illustri, esempio Tom Waits, che per i suoi giri notturni ha richiesto l'armonica di questo signorile maestro. In mezzo sta un incantevole lavoro acustico e autoprodotto, In The Darkest Hour, che meriterebbe molto spazio. Sanctuary, realizzato per la Real World di Peter Gabriel, è un crescendo di emozioni, una musica di commovente rigore, al tempo stesso libera da schemi prefissati. I brani si susseguono in maniera logica come fossero capitoli di un romanzo; spaziale e al tempo stesso introspettivo. Magico nei suoi riflessi gospel; complici i Blind Boys Of Alabama, che sottolineano con un lungo accordo continuo la straordinaria Train To Nowhere (che fu dei Savoy Brown), come la raspante e deltaica I Had Trouble, che interviene alla fine, quasi come per riassumere, per mettere il punto, dopo la lunare e inquietante The Neighborhood (composta da Charlie Sexton), la delicatissima Alicia e la più ortodossa Sanctuary; come se l'artista sentisse il bisogno di tornare a casa per ritemprarsi. Quasi come Ben Harper, che compone e fornisce la seconda voce per l'inno Homeless Child. Charlie scrive quasi tutti brani e rilegge Snake Song di Townes Van Zandt e l'avvincente rock di Shootin' For The Moon, dalla penna di Sonny Landreth. Un pugno di tracce eccellenti, tenebrose dagli intensi toni in chiaro scuro; affascinante rappresentazione di un immaginario artistico. Come se concepite per essere ascoltate le une accanto alle altre.
Un piccolo capolavoro
(Robert Giuli)

www.charlie-musselwhite.com