Bastard Sons of Johnny Cash - Mile Markers Emergent 2005  1/2
inserito 25/01/2006

Ho sempre pensato che il nome scelto da questa formazione californiana non fosse poi un grande colpo di genio: per questioni di "marketing" hanno probabilmente avuto fiuto, perché il semplice richiamo al grande "Man in Black" ha garantito una certa curiosità intorno alla musica della band, ma da un altro punto di vista ne ha forse delimitato troppo le caratteristiche, che in realtà con Johnny Cash possiedono punti di contatto molto superficiali. Chissà perché, ma pensando ai Bastard Sons of Johnny Cash mi sono semrpe immaginato una congrega di irriverenti rockers alle prese con le radici, cow punk si diceva un tempo. E invece tutta la loro produzione, e maggior ragione questo recente Mile Markers, il più interessante fino ad oggi pubblicato, dimostra quanto siano dei fedelissimi rappresentanti del roost rock americano più tradizionale. Un suono robusto certo, tendenzialmente elettrico, ma in fondo devoto alle regole più ferree del genere. Lo dimostra il fatto che Mile Markers sia stato prodotto con discreti mezzi e altrettanti musicisti, tra cui Greg Leisz alla steel e dobro, Taras Prodaniuk al basso e Skip Edwards all'organo, praticamente mezza band di Dwight Yoakam. Ovviamente ne ha guadagnato sensibilmente tutto il repertorio, una sorta di bignami del country rock e derivati, con una predilezione per il Texas sound. Lo dice anche la canzone di apertura, una dolcissima Austin Night che fa tanto "border radio", un tocco tex-mex tra i Lobos e Willy De Ville. Più sostenute viceversa The Road to Bakersfield, tagliata da una bella slide guitar e la bellissima Borderline of the Heart, che sembra uscire da un vecchio Lp di Steve Earle degli anni ottanta. Nella medesima direzione di queste ultime si muovono anche King of the World, Night Comes Down e il l'esuberante honky tonk di No easy Road - ricorda Georgia on a Fast Train di Billy Joe Shaver - con un grande sventolio di chitarre, quelle dell'ottimo Mike Turner. È lui la spalla di Mark Stuart, quest'ultimo vera mente dietro le canzoni dei Bastard Sons of Johnny Cash, in pratica l'unico membro originario che mantiene in vita l'azienda. A lui vanno fatti i complimenti, non solo per la voce, brillante in tutti gli episodi, ma anche per il songwriting, magari non un miracolo di originaità, eppure nemmeno senza grossi punti deboli. Anche le ballate infatti funzionano molto bene, tra cui citiamo il country&western vecchio stile di California Sky (con il fidle di Gabe Witcher) e il trittico Lonely Tonight, Under Your Spell, Restless Heart, chitarre riverberate e country rock epico di frontiera. Forse di maniera, ma un gran bel disco.
(Davide Albini)

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