Drive by Truckers - A Blessing and a Curse New West 2006  
inserito 13/03/2006
Suona un po' come un disco "tirato via" il nuovo lavoro dei Drive by Truckers, buttato là come uno straccio bagnato, appoggiato sul bordo di un secchio. Non che dei modi la band dell'Alabama avesse fatto il proprio credo, tutt'altro, ed anzi proprio la rabbiosa violenza del loro rock iniettato di punk e spruzzato di country e blues, unita ad una visione cupa e selvaggia del profondo Sud degli States erano state le caratteristiche vincenti di un gruppo che forse proprio con il doppio Southern Rock Opera - e senza dimenticare i successivi Decoration Day e Dirty South - aveva raggiunto un livello superiore. Con A Blessing and a Curse scendiamo però di grado: la sensazione è quella che il songwriting di Patterson Hood, Mike Cooley e Jason Isbell mostri un po' la corda, tanto da rifugiarsi in più di qualche occasione in "sberle" elettriche un po' fini a se stesse: è il caso di Feb 14 o di Gravity's Gone, che annaspano in una totale assenza di idee, oppure di Easy on yourself, confusa e ripetitiva, con una linea melodica di una banalità sconcertante. Molto meglio Aftermath U.S.A. che si dibatte sanguinante fra chitarre elettriche adunche e una voce che sembra sputare via il veleno, o il tepido bagliore di Goodbye, ballata che "gocciola" note come la cera profumata di una candela al centro di una fredda sera invernale. Piacciono anche le pigre lingue acustiche di Space City, che si stagliano sullo sfondo della canzone come ombre impalpabili cullando la voce sussurrata di Mike Cooley e lo stesso potrebbe dirsi per la bellissima Daylight. Cosa manca allora a questa nuova opera dei Drive By Truckers per poter essere considerata all'altezza degli episodi migliori della loro discografia? Forse proprio quello che ha da sempre caratterizzato la band di Patterson Hood e soci, e cioè quell'irruenza emozionale che riusciva ad illuminare la musica del Sud, proponendone una visione diversa ed affascinante, aggressiva fin che si vuole ma non parossistica, mentre l'impressione qui è proprio il contrario, al punto da finire a tratti nel caricaturale. Quella magìa, quella scintilla che incendiava per un istante il buio della notte sembra sbiadita, appannata insomma, nonostante non manchino brani intriganti ed efficaci. Diciamo che A Blessing and A Curse suona come un disco di transizione, con luci ed ombre quindi, e con delle idee forse un po' sfilacciate dall'usura, come se i Drive by Truckers stessero, ancora per un po', vivendo di rendita
(Matteo Strukul)

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