inserito 11/09/2006

M Ward
Post-War
[4AD/ Self  2006]

1/2

Sfuggente e obliquo l'universo dentro il quale si chiude a riccio la musica di M Ward: impenetrabile menestrello, moderno testimone di un'attitudine arruffata verso la tradizione e i suoni d'America, riprende i fili del suo percorso artistico con un'opera decisamente più affabile, quasi confidenziale rispetto a Transfiguratuion of Vincent e Transistor Radio. Non che si sia convertito improvvisamente alle leggerezze pop, ma grazie alle attente cure di una band al completo e di arrangiamenti meno spigolosi, il tipico fingerpicking e le complicazioni folk blues che caratterizzavano il passato si sono stemperati un poco, per fare spazio a ballate più soffici, episodi compiutamente elettrici. Le presenze di Rachel Blumberg (The Decemberists) e Jordan Hudson (The Thermals) ai tamburi, il lavoro da cesellatore di Jim James (My Morning Jacket) alle chitarre, a cui si affiancano i vecchi compari Mike Cockyendall e Mike Mogis sono il punto di svolta che rende Post War il lavoro più accessibile e "spensierato" della discografia di Matt Ward. In verità staziona un alone di mistero e impenetrabilità nei testi: i riferimenti impliciti alla guerra e alle ombre che quest'ultima lascia sulle spalle della gente appaiono interiorizzati. Scorrendo le trasognate liriche non si capisce bene se il confronto vada fatto con la realtà americana di oggi o con lo stesso animo umano. Conoscendo il personaggio, è più probabile la seconda ipotesi: Post-War è forse una metafora per descrivere i postumi di battaglie più intime. Questo suggerisce evidentemente anche la vera e propria parte musicale, aperta dalla magnificenza di Poison Cup, ballata fluttuante che sembra, come in passato, aprire uno squarcio verso il pop magistrale di Brian Wilson. Poi giunge la palpitante versione di To Go Home, sorprendente cover di Daniel Johnston che gode del supporto vocale di Neko Case: un gioiello pop rock che amplifica le conquiste di M Ward in fatto di suono e ambientazioni. In definitiva è tutta la prima facciata di Post War a calare gli assi vincenti: la mistura tra surf rock e ballata di frontiera di Right in the Head, l'impalpabile venatura soul della title track, il folk stralunato di ChineseTranslation e i ritmi sghembi di Requiem, fino al ciondolare svagato di Magik Trick, una vaporosa pop song come non avevamo mai sentito da M Ward. Da qui in poi Post War sembra giocare in ritirata, serrandosi nei sussurri acustici di Rollercoaster e Today's Undertaking o in strumentali un po' fine a stessi (Neptune's Net). Questa scelta comporta forse un calo di tensione che rende Post War un disco meno forte e omogeneo dei precedenti: parte della critica americana invece lo ha già consacrato come il capolavoro di M Ward. Questioni squisitamente personali forse, M Ward resta fuori da ogni dubbio uno dei personaggi più intriganti e propositivi del recente cantaurato americano.
(Fabio Cerbone)

www.mwardmusic.com