inserito 27/11/2006

Damien Rice
9
[14th Floor Records/Warner 2006]


1/2

Uno dei meriti di Rootshighway è stato sicuramente quello di aver parlato di Damien Rice in netto anticipo rispetto agli esimi colleghi della carta stampata: quando si dice "il potere del web". Nel 2003, quando venne pubblicato O, il sottoscritto preferì non sbilanciarsi troppo nel proprio giudizio (che oggi definirei cautelativo), per timore di incappare nella solita meteora. O venne accolto positivamente sia dal pubblico che dalla critica e, a differenza di altri musicisti, Damien non ha cavalcato subito il primo successo: il seguito di quell'album esce infatti a ben tre anni di distanza. L'Irlandese ha avuto modo così di prendersi il tempo necessario per lavorare accuratamente ai pezzi. 9 è un disco ragionato e concreto, imperniato su cardini saldi quanto l'amore che l'autore nutre per il folk e per i contesti intimi e caldi. Oggi Damien si fa apprezzare per le sue capacità vocali: il cantato trasmette una passione senza eguali, tanto da mitigare le sferzate orchestrali che caratterizzano alcuni brani, su tutti Elephant e Rootless Tree. Casi, questi ultimi, in cui il roboante uso massiccio degli archi vorrebbe distrarre da un folk nato snello (quasi casualmente, come in Coconut Skins, sorta di jam-session acustica e tambureggiante) e maturato grazie principalmente alla sensibilità di un artista ispirato. La semplicità e il pathos sono fattori fondamentali sia per Accidental Babies (piano e voce) che per The Animals Were Gone; lo stesso vale per la conclusiva e chilometrica Sleep, Don't Weep. Gettando benzina sul fuoco, ma regalando così melodie ancor più suadenti, Damien si fa accompagnare dalla voce soave di Lisa Hannigan, che apre l'iniziale 9 Crimes (ritroviamo la Hannigan anche più avanti, in Dogs e nella strepitosa ballata Grey Room). In 9 non si omettono parentesi tribolate, come quella di Me, My Yoke And I, traccia sofferta sia nel canto che nei suoni (restituiti da un'elettrica in overdrive). In definitiva, il giudizio dato ad O è dunque da ratificare. Il talento di Damien Rice non si esaurirà a breve e contiamo di ritrovarlo anche fra una quindicina d'anni: è il suo quasi totale isolamento artistico a farci ben sperare. Per lo meno, lo vedo al riparo dai lustrini e dai vizi da star, concentrato sul proprio lavoro nonostante la (passata?) parentesi Renee Zellweger.
(Carlo Lancini)

www.damienrice.com