inserito 12/10/2007

Two Gallants
Two Gallants
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Saddle Creek / Self 2007]

La promessa di un secondo capitolo, a pochi mesi di distanza dall'ep The Scenery of Farewell, viene presto mantenuta: i Two Gallants da San Francisco, duo di sgangherato e tremolante folk d'assalto, consegnano un omonimo quarto capitolo che sin dal titolo esplicita la necessità di tornare alle loro origini, di focalizzare un suono preciso costruito sulla dualità fra le chitarre di Adam Fontaine (vero nome Adam Stephens) e i tamburi di Hyde Edneud (Tyson Vogel all'anagrafe). Ci eravano interrogati se le ambientazioni crepuscolari, malinconiche e sbilanciate verso l'acustico del precedente splendido ep venissero ampliate, o quanto meno inglobate, all'interno del songwriting più crudo e straziante del precedessore What the Toll Tells, disco con cui si erano svelati al mondo. Two Gallants è invece un parziale ridimensionamento di quelle aspettative, non lo si può negare: Adam Fontaine continua a cantare sull'orlo di un precipizio, perseguitato da amori strazianti, nostalgia latente e continui riferimenti ai fantasmi della folk music, ma è come se la sua rabbia fosse stata addomesticata. Tornando all'essenzialità del binomio chitarra-batteria (assai rare le comparse di viola e violino, fatta eccezione per due episodi), The Deader e Miss Meri introducuno un folk rock caracollante ma meno pungente del solito, in cui la voce di Fontaine ha imparato a dosarsi. Resta intatta l'essenzialità degli arrangiamenti e delle melodie (produzione affidata ancora ad Alex Newport), la loro tersa semplicità armonica, sulla quale paiono innestarsi con fiducia i passaggi di Hyde Edneud alle percussioni: è come se i Two Gallants abbiano cercato volutamente di contenersi, di trovare un appiglio sicuro dopo la rabbia di What the Toll Tells e la disperazione nostalgica di The Scenery of Farewell. Sono diventati insomma più classici e adulti: The Hand that Held Me Down è tagliata in due da un'armonica che staziona fra Dylan e lo Springsteen di Nebraska; stesso discorso potrebbe valere per la dolcissima Ribbons Round my Tongue, che tuttavia avrebbe un tempo acquisito un carattere forse più rischioso e un canto più sofferto; Fly Low Carrion Crow si dilata e svanisce letteralmente dentro una lontana preghiera folk ("fly low you carrion crow/ and seize my body for the debt i owe/ drop me high unto the depths below/ for the things i've seen no one else should know"); infine My Babe's Gone, che fluttua fra estasi e rabbia fino ad esplodere nel finale, come caratteristica peculiare della band. Ma si tratta soltanto di uno sprazzo: la catarsi di cui generalmente era impregnata la musica dei Two Gallants sembra questa volta avere ceduto il passo ad una foggia più mansueta: La profondità di scrittura contenuta in The Scenery of Farewell pare avere disteso troppo i suoi effetti, rendendo forse le qui presenti nove canzoni un'opera di transizione verso una auspicabile sintesi, quella della maturità.
(Fabio Cerbone)

www.twogallants.com
www.saddle-creek.com


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