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16/04/2007
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Hayward
Williams 1/2 L'idea che sottende un disco
come Another Sailor's Dream è tanto semplice quanto insidiosa,
almeno di non possedere le armi dell'affabuazione folk, di una voce che
sappia catturare l'attenzione con un perfetto dosaggio di tradizione,
melodia e profondità del songwriting. Hayward Williams non tiene
fra le mani un capolavoro, come qualcuno ha già tentato di far passare
il suo terzo lavoro solista, ma senza dubbio può contare su un talento
non comune nel ricreare suggestioni, nel rimandare apertamente ai capisaldi
del genere, costruendosi pazientemente un suono che potrebbe diventare
più personale nel tempo. Folksinger di scuola classica, e lo dimostra
la presenza del suo mentore Peter Mulvey alla produzione nonché alle chitarre
e dobro, Williams mantiene un occhio di riguardo verso le più recenti
indicazioni del mondo alternative country e roots. Potrebbe appartenere
di diritto alle scuderie di Red Hosue o Signature Sounds e se avete apprezzato
le recenti sortite di Jeffrey Foucault, così come il Ryan Adams più affranto
e intimo di Heartbreaker o 29, Another Sailor's Dream aprirà una breccia
nei vostri ascolti. Originario del Wisconsin, ma hobo di natura, Williams
ha ricevuto in dono dalla madre una Gibson acustica del '64 e da allora
non ha smesso un secondo di girovagare per il Midwest americano in cerca
della sua musa. Le misure ha cominciato a prenderle entrando a far parte
degli Exit, band dal successo regionale, prima di imbarcarsi nell'avventura
solista, che ha fruttato l'esordio Uphill/Downhill e il sucecssivo Trench
Foot. Arrangiamenti scarni (ad arricchire ci sono comunque piano, accordion,
banjo, lap steel e batteria nella mani di Dam Mcmahon), intensamente
folkie, liriche con ambizioni letterarie ed una capacità innata nel tratteggiare
caratteri e storie, Another Sailor's Dream segue un percorso
coerente ed è forse la buona novella di primavera di questa rubrica, avvolto
fra le morbide carezze di Ballad of Benson Creek, i sospiri struggenti
di You Were Right, le fattezze rurali di Careful Please
e le inevitabili dipendenze dylaniane di Redwoods e A Glance
Back. Hayward Williams possiede inoltre la fortuna sfacciata di ritrovarsi
una voce soulful, avvolgente, calda e ricca di suggestioni (si
potrebbe metterlo alla prova sentendo il brillante incedere di A Song
for Lou), che gli permette infine di salvare la baracca anche quando
le sue ballate si fanno un po' pretenziose (la leziosa Doctors,
oppure Who's It Gonna be Today?). Siamo disposti a perdonargli
qualche eccesso di verbosità, forse perché, faziosamente lo ammetto, bastano
i sette splendidi minuti finali di Thunder Road (proprio quella!)
in veste acustica e disadorna - un paio di chitarre, piano e armonica
che sbucano solamente nel finale - per mettere il cuore in pace. Umile
quanto notevole versione. |