inserito il 01/02/2007

John Mellencamp
Freedom's Road
[Universal 2007]


1/2

C'è un tempo per la protesta e un tempo per la riflessione, uno per alzare le barricate ed un altro per trovare una sintesi, scavando nel cuore di una nazione. Freedom's Road inizia esattamente là dove finiva Trouble No More, con quella folk song, To Washington, che nel più puro spirito di Woodie Guthrie indirizzava una lettera semplice e senza peli sulla lingua al titolare della casa bianca. Guarda caso si conclude anche in maniera assai simile, con una ghost track, Rodeo Clown, che si guadagna lo scettro di brano più polemico della raccolta. Per il resto Freedom's Road non è un disco "politico", almeno non nel senso più spicciolo del termine. Arriva semmai dopo la tempesta e cerca di mettere insieme i pezzi di un paese crollato sul suo stesso sogno. Lo fa con le liriche più semplici, generose e se volete anche banali, che John Mellencamp abbia mai scritto, ma con un anima aperta al dialogo e nel segno di quel populismo che da sempre è il motore di questo piccolo rocker dell'Indiana. Per questo Our Country, il singolo che ha fatto da apripista al ventunesimo disco della sua carriera, ha il sapore di un generoso atto d'amore per la propria terra e non di una invettiva reazionaria. Non ci sarebbe nemmeno bisogno di chiarirlo, visto il passato e le battaglie di John Mellencamp. Se l'apertura melodica e la gioia immediata di Our Country - un folk rock luminoso che parte dai Byrds e arriva al suono di quel heartland rock di cui Mellencamp è un padre putativo - è il sintomo di una rinnovata freschezza, che corre di pari passo con l'irresistibile gemella The Americans, il resto di Freedom's Road non è così scontato come si potrebbe pensare. Non è un poeta e neppure un nuovo Dylan, non lo è mai stato, ma sa come far girare un pezzo di rock'n'roll. Con le chitarre di Mike Wanchic ed Andy York a dare lezioni per tutto il tempo, le preziose gemme vocali dei Little Big Town, il gruppo country gospel che ha accompagnato il nostro nei più recenti tour, e con un suono rock stratificato, classico e moderno al tempo stesso (vedi l'utilizzo intelligente degli archi), John Mellencamp conferma che anche i suoi più recenti passi discografici, contradditori e a volte irisolti quanto volete, sono stati un toccasana per il suo songwriting. Non sarebbero sbucate altrimenti Someday, la stessa Freedom's Road, l'elegia sudista di Jim Crow (in duetto con Joan Baez, un presenza che dice molto sulle intenzioni di questo disco), Rural Route e la fragorosa Ghost Towns Along the Highway, canzoni che, oltre a descrivere con efficaci pennellate un'America desolata e alla ricerca di un nuovo senso nazionale, ribadiscono l'unicità di Mellencamp nel rendere credibile e contemporaneo un rock'n'roll di stretta osservanza stradaiola e mainstream. Stringato e diretto, Freedom's Road non è probabilmente un capolavoro (per quelli potete rivolgervi a Scarecrow e The Lonesome Jubillee), ma la migliore testimonianza di salute per John Mellencamp, oltre che il suo disco più uniforme dai tempi di Human Wheels.
(Fabio Cerbone)

www.mellencamp.com


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