inserito 25/04/2007
The Waterboys
Book of Lightning
[
W14/Universal 2007]

1/2

"Ho imparato a farmi forza attraverso le tempeste" afferma Mike Scott in quel desolato madrigale per sax e pianoforte intitolato Sustain, e ascoltando Book Of Lightning, il dodicesimo lavoro dei suoi Waterboys in 25 anni di carriera, non si può che dargli ragione. I "ragazzi d'acqua" innamorati di John Keats e Patti Smith, di William Butler Yeats e Bruce Springsteen, sono sempre stati una sua creatura esclusiva; lui stesso, negli ultimi anni, ha provato diverse volte a rimescolare le carte in seno alla formazione, ottenendo risultati forse altalenanti ma mai al di sotto di una comunque ragguardevole media di decoro. Nondimeno, l'intensità e la prospettiva acuminata di questo disco sembrano derivare da un'ispirazione del tutto rigenerata, frutto tanto di un ragionato ricorso alle atmosfere oniriche di Dream Harder (1993) e all'artiglieria pesante di A Rock In The Weary Land ('00) - due dischi che il sottoscritto reputa ancora assai migliori di quanto si è scritto in giro - quanto di un episodico sfruttamento dell'intimismo del recente, sofferto Universal Hall e dell'epica tra rock'n'roll e sventagliate folk delle stagioni di gloria di metà anni '80. Che l'occasione sia di quelle speciali lo si può capire leggendo il brevissimo racconto posto a introduzione del booklet, The archivist's tale, dove una fanciulla intenzionata a redigere un saggio sui primi anni del nuovo secolo entra in contatto con la cosiddetta "biblioteca delle anime" ed espande la propria interiorità sino a contenere tutta la conoscenza del mondo (ah! Se soltanto i critici aspettassero di avere in mano il packaging definitivo, prima di parlare dei dischi!), nonché dal modo scanzonato e soave in cui viene indicato il ruolo comprimario di alcune familiari di vecchia data: il tastierista Thighpaulsandra, per esempio, si occuperebbe di "psychedelic extravanganzas", mentre il cantante Johnny Andrews si troverebbe deputato alla produzione di "falsettos & aaahs". Sta di fatto che, complice anche il ritorno del violino elettrico di Steve Wickham, fino ad oggi brani dello spessore di una She Tried To Hold Me, parente prossima del più accorato Van Morrison, li sognavamo la notte. Sullo stesso livello stazionano pure la bellissima You In The Sky (già ascoltata, in versione più folkie, nella doppia ristampa del capolavoro Fisherman's Blues ['88]), il sibilante congedo semiacustico di una The Man With The Wind At His Hills impregnata di tradizione irish e spirito blues e soprattutto la sublime Everybody Takes A Tumble, sette minuti d'incredibile cavalcata tra modernità e radici, tra robustezza rock'n'roll e leggerezza popolare, tra il mistico romanticismo dello stesso Scott e l'ebbrezza tagliente del Dylan con addosso la scimmia del blues di Memphis. "Sono qui per questo / Per spezzarvi il cuore" ulula Mike Scott nel pezzo in questione: stavolta c'è riuscito in pieno.
(Gianfranco Callieri)

www.mikescottwaterboys.com


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