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Dan
Baird & Homemade Sin
Dan Baird & Homemade Sin
[Jerkin'
Crocus 2008]
Esiste ancora nel 2008 un margine di manovra per il rock'n'roll più rauco,
rozzo e rodato sugli insistenti giri del southern boogie? Evidentemente
avrete intuito che si tratta di una domanda retorica, almeno non stiate
viaggiando per caso sulle frequenze di questo sito: perché si, sarà pure
vero che ogni singolo riff di questo omonimo Dan Baird & the Homemade
Sin rimanda all'infinito quella lezione impartita sull'asse filologico
Stones-Faces (provate con Just Can't Wait
e Oh No, There She Goes), magari con
un'aggiunta di Creedence (peraltro omaggiati apertamente nel testo di
Two for Tuesday) e una naturale inclinazione per i Lynyrd Skynyrd
(Hellzapoppin' è tutta un up&down
di rock sudista e saltellanti piani da bettola), ma quando è messo sul
piatto con la sfacciataggine e il tiro indiavolato di questi attempati
rocker da bassifondi non c'è teoria che regga. Soprattutto non reggono
gli sguardi snob, le occhiate disgustate e altezzose di chi vorrebbe relegarli
nelle smargiassate da bar band, buone per una birra in compagnia.
Il fatto è che la dedizione e persino l'ingenuità di un personaggio come
Dan Baird - e con lui Keith Christopher e Mauro Magellano,
ovvero tre quarti di Georgia Satellites in fase di rimpatrio, un sopravissuto
alle bevute fragorose dei Jason & The Scorchers, vale a dire la chitarra
assassina di Warner Hodges, nonché il membro fantasma Tommy Womack,
che co-firma svariati brani - sono state nel corso di questi anni un atto
di pura resistenza, come musicista e come produttore (non indifferente
tra l'altro, visto il lavoro svolto con Chris Knight). Dalla sfortunata
parabola dei Georgia Satellites - con un solo hit sicuro, Keep Your Hand
to Yourself e molto lavoro da gregari nelle retrovie - ai reiterati tentativi
solisti o in compagnia di estemporanee rock'n'roll band (tra i tanti piace
ricordare The Yayhoos), la sua visione sembra avere finalmente trovato
nella formula dei Homemade Sin quella scintilla per accendere di nuovo
il sabato sera.
Preceduto da un succulento doppio dal vivo, Dan Baird & Homemade
Sin non è insomma un fulmine a ciel sereno, certamente però si
tratta del lavoro più scalpitante e sfrontato dai tempi dell'esordio solista
per la Def American di Rick Rubin. Basterebbero d'altronde i colpi da
knock out assestati in partenza con Damn Thing
to Be Done e Crooked Smile:
la prima è la quintessenza del southern rock, la seconda una sporca e
ringhiosa ballata elettrica che frigge le valvole degli amplificatori
e infila un solo di Hodges da far sanguinare le orecchie. Runnin'
Outta Time spiega a menadito come si scrive un rock'n'roll
fedele alla linea e Lazy Monday è
una di quelle rare pause in cui Dan Baird e soci provano a rigenerare
il motore, magari copiando nascosti dietro il banco di John Fogerty. Esssendo
generosi e gioviali lasciano scorrere tutto senza freni, rigorosamente
live, dilatando i tempi: un'ora abbondante di boogie rock ha naturalmente
il fiato corto in qualche sua parte (l'esperimento ritmico di Cryin'
To Me, She Dug Me Up),
ma basta una miccia per far saltare la polveriera rock (Well
Ebough Alone), persino per "darsi delle arie" e scrivere una
protest song (I Know What It's Like)
con dedica a George W Bush.
In fondo di dischi così ne vorremmo giusto uno all'anno, per ricordarci
ancora il sapore del semplice gozzovigliare a tempo di rock'n'roll, bruciando
tutto e subito. Lode infine all'inglese Jerkin' Crocus, perché con Ian
Hunter, Frankie Miller, Quireboys e ora Dan Baird & Homemade Sin in catalogo,
hanno riacceso i riflettori su una congrega di rinnegati e impenitenti
alcolisti del rock'n'roll.
(Fabio Cerbone)
www.danbaird.net
www.jerkincrocus.com
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