inserito 03/07/2008

Jakob Dylan
Seeing Things
[
Columbia
 2008]



Il cognome, si sa, richiama alla mente un'eredità pesante, quasi imbarazzante. Per anni Jakob ha combattuto, reclamato un piccolo spazio al di fuori di un'influenza che al di fuori non poteva restare, almeno inizialmente. L'interesse morboso nei confronti dei suoi rapporti con il padre, soprattutto da parte di una certa stampa, curiosi più che di appassionati, ha spesso contribuito a relegare in secondo piano la buona musica che il figlio del maestro, insieme ai fidi Wallflowers, è stato in grado di produrre. Ma Jakob è un artista di talento, e lo ha dimostrato soprattutto con quel Bringing Down The Horse di oltre dieci anni fa, un album capace di stritolare le classifiche e di farsi notare per una genuinità e una forza notevoli, quasi da non credere. Gli anni successivi hanno visto il progressivo allontanamento del gruppo dalla vetta delle charts e una graduale svolta in direzione di un pop rock forse troppo mainstream, ma sempre di buon livello. Rebel, Sweetheart, album con i Wallflowers del 2005, conteneva alcune intuizioni degne di nota, ma allo stesso tempo palesava una certa stanchezza di ispirazione, forse dettata dall'incapacità di rinnovare un cliché ormai sviscerato in lungo e in largo.

Ma buon sangue non mente, Jakob si è rimboccato le maniche e ha deciso di correre da solo, almeno per ora. Ad aiutarlo un certo Rick Rubin, colui che ha rilanciato le carriere di Cash e Diamond riportando a casa le loro (straordinarie) capacità espressive. L'operazione, in questo caso, riesce a metà, per un paio di ragioni: primo, il giovane Dylan non è Cash e non è Diamond, ha un'ottima penna ma non è, almeno per ora, un fuoriclasse; secondo, a tratti sembra manchi qualcosa, il suono è fin troppo scarno e soprattutto in alcune canzoni una band alle spalle avrebbe senz'altro giovato alla qualità dell'insieme.

Eppure le canzoni ci sono, alcune molto belle anche nella veste minimale e acustica, dall'iniziale Evil Is Alive And Well, bellissima folk song ben strutturata, fino alle contaminazioni blues di All Day And All Night. La scelta coraggiosa di Jakob, in un disco forse di passaggio ma che senz'altro gli permetterà di maturare, è ben ripagata da una manciata di ballate di prima categoria, dall'introspettiva Everybody Pays As They Go per arrivare a This End Of The Telescope, passando attraverso le atmosfere delicate di Will It Grow e Something Good This Way Comes, quest'ultima forse la canzone più bella dell'intera raccolta. La voce è ben dosata e l'intimità che si respira sembra riavvicinare prepotentemente il fantasma che da sempre lo accompagna, con le dovute distinzioni.

Come risultato, il disco non annoia, e questa è una grande nota di merito, segno che Jakob sa scrivere buone canzoni e può ancora regalarci quelle good vibrations che poco più di una decade fa ci avevano fatto sussultare.
(David Nieri)

www.jakobdylan.com
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