inserito 23/06/2008

Alejandro Escovedo
Real Animal
[
Back Porch
 2008]



"Sta tutto nel pensare che sei diventato grande, e poi accorgerti che non è vero". E' con questa frase che Joe R.Lansdale chiude la serie di lezioni di vita imparate dal giovane Stanley nel romanzo La Sottile Linea Scura: passiamo la vita a impegnarci a crescere, ma a maturità raggiunta ci accorgiamo che le cose a cui teniamo di più sono ancora quelle che hanno caratterizzato la nostra infanzia. E' questo il vero senso di Real Animal, nuova fatica di Alejandro Escovedo, uno che ha avuto una lunga gestazione come musicista e un' età artisticamente adulta raggiunta a quarant'anni suonati.

E ora che ne ha 57, invece di dare un senso alla svolta stilistica solo abbozzata da The Boxing Mirror, lui realizza un'operazione che sa di pura nostalgia. Il glam-rock, i Velvet Underground, gli Stooges e il primo punk californiano degli anni 70: erano questi i giocattolini con cui è cresciuto, e sono questi i miti rincorsi da Real Animal, fin dalla scelta di far produrre tutto a Tony Visconti, l'uomo che si inventò David Bowie e Marc Bolan. E questi balocchi del giovane Alejandro tornano tutti, sotto forma di racconti da mitologia rock (Chelsea Hotel '78, Escovedo era realmente presente quando in una stanza ci morì Sid Vicious), di dediche dirette agli idoli (Real As An Animal, vera e propria glorificazione di Iggy Pop) o ad amicizie perdute (lo scoppiettante inizio di Always a Friend), oltre ad alcune evidenti citazioni (Sensitive Boys si adagia sullo stesso tappeto di Coney Island Baby di Lou Reed, Smoke era già da qualche parte anche nei dischi dei Mott The Hoople). E come tutti questi poster attaccati alla parete del giovane Alejandro siano riaffiorati nel corso degli anni, ce lo racconta lui stesso, ricordando la sua prima punk band (Nuns Song), l'incontro con i Rank And File (Chip N'Tony, dedicata ai fratelli Kinman), e la scoperta del roots-rock che scorre nelle vene di People (We're Gonna Live So Long).

Il tocco di classe arriva con Golden Bear, brano emozionante che non solo sfrutta ritmo e tema di Ashes to Ashes di Bowie, ma pone un ideale parallelo tra il Major Tom drogato e ormai alla deriva nello spazio, raccontato in quel sequel della vicenda di Space Oddity, e la storia della propria invalidante malattia, con un tragico interrogativo posto alla fine di ogni verso: perché proprio a me?. Escovedo racconta tutto senza mitizzare o eccedere in facili romanticismi, non sembra aver nulla di cui vantarsi, se non l'essere sopravvissuto a tutto ciò (come realizza nelle conclusive Swallows Of San Juan e Slow Down). Ma il vero miracolo lo ha fatto realizzando un disco musicalmente attualissimo pur partendo da una voglia di revival, cucendo come un patchwork i suoi proverbiali archi con le cattivissime chitarre dell'amico Chuck Prophet (co-autore di tutto il disco), bravo a travestirsi da Mick Ronson o da Ron Asheton senza perdere personalità.

Ci aspettavamo un disco implorante compassione, ci ritroviamo invece con un esplosione di grinta degna di un ventenne. Come quelli di una volta naturalmente…
(Nicola Gervasini)

www.alejandroescovedo.com
www.myspace.com/alejandroescovedo


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