inserito 16/01/2009

Rich Hopkins & Lisa Novak
Loveland
[
Blue Rose
 2008]



Rich Hopkins è tornato dal deserto di Tucson con un un nuovo amore dagli inaspettati risvolti artistici: Lisa Novak è difatti l'attuale musa ispiratrice del chitarrista dell'Arizona, ex Sand Rubies e da diverse stagioni titolare di una carriera solista che insieme ai suoi Luminarios ha prodotto un songbook fatto di rock dalle tinte psichedeliche e ruvidezze alla Crazy Horse, assai apprezzato in casa Blue Rose. Loveland prosegue dunque il sodalizio in terra tedesca, questa volta abbassando i toni elettrici o meglio adattandoli alla sensibilità di una autrice, di origini texane, che ha nel suo accento musicale un debito verso il folk, il country e in generale verso una ballata dalle fattezze più tradizionali.

L'incontro non può dirsi un fallimento sia chiaro, ma soffre di una evidente carenza della Novak in fatto di personalità: sia le liriche sia la voce non eccellono fra la grande concorrenza che deve fronteggiare nel vasto South West americano, trascinando anche il buon Hopkins, sempre lodevole nel lanciare segnali con la sua sei corde elettrica, in una sequenza di country rock dal piglio melodico un po' evanescente. Insomma, Loveland appare come un progetto in cui i risultati sono ben al di sotto delle possibili aspettative, giudicandolo non solo in raffronto con la produzione passata dello stesso Rich Hopkins ma anche con la meticolosa preparazione che ha preceduto il disco: tredici mesi di lavorazione, in un continuo confronto reciproco, limando musiche e testi, due differenti sedi di registrazione (Tucson e Houston), molti musicisti di eccellenza coinvolti (Bruce Halper, Ken Andree, Nathian Sabatino), tutti provenienti dalla scena locale (Greyhound Soul, Sidewinders, Giant Sand, Luminarios), ma alla resa dei conti un pugno di buone intenzioni e poco altro.

Così andrebbero letti infatti gli scatti migliori di Loveland, dal pop impastato di jingle jangle dell'iniziale Somekindagirl agli immancabili orizzonti folk rock espressi in Angel in Boots e Lucky Guy, dove la chitarra di Hopkins appare più timida del solito eppure funzionale come non mai all'anima della canzone. Sono tuttavia episodi sporadici, che trovano in parte conforto anche nella riedizione di What Am I Supposed to Do? (vecchio cavallo di battaglia dei Sand Rubies), oppure in una I'll Cry Later che rimanda alla fragilità di certo Neil Young, mentre tutto il resto si arrangia fra la sufficienza e un fastidioso navigare a vista, ciò che sembra coinvolgere principalmente i brani della Novak. Heartbreak Police regge soprattutto grazie alla generosità di Hopkins e del suo solismo, mentre il rock'n'roll svelto di Human After All non sembra proprio adattarsi alla protagonista, fino a scivolare nell'anonimato di Fallin' e di una Matthew Sweet che, a partire dal titolo, rappresenta un personale omaggio all'omonimo rocker americano. Un'occasione mancata, sperando dunque che Rich Hopkins torni presto alla ditta individuale.
(Fabio Cerbone)

www.myspace.com/richhopkinsandtheluminarios
www.myspace.com/lisanovak


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