inserito il 03/03/2008

Gary Louris
Vagabonds
[Ryko/Audioglobe 2008]



Messa in soffitta l'eperienza con i Jayhwaks - quanto più o meno definitivamente è ancora tutto da stabilire, visto che è ormai ufficiale la notizia di una imminenete collaborazione a quattro mani con il vecchio pard Mark Olson - Gary Louris ha pensato bene di spiccare il volo solista, dedicandosi con passione e parsimonia alle sue canzoni. Quanto il suo ruolo fosse centrale nella seconda incarnazione della band non è affatto un mistero: la fuoriuscita di Olson gli aveva naturalmente concesso lo scettro di principale songwriter, conducendo la band fra alti e bassi, fra radici country rock e nuovi slanci pop, ritornando infine a nuova vita grazie alla sintesi di Rainy Day Music, licenziato dalla Lost Highway nel 2003. Nel frattempo sono stati portati avanti parecchi diversivi, alcune produzioni (con i Sadies) e buon ultima l'avventura niente affatto marginale dei Golden Smog, nella quale Louris ha sempre donato un contributo non indifferente in termini di scrittura.

Vagabonds
è tuttavia il primo tentativo di rischiare in proprio, di mettere sulla bilancia un songwriting inconfondibile nello stile, che tuttavia aveva forse bisogno di confrontarsi con altri musicisti ed altre idee al di fuori degli stessi Jayhawks. Per questo motivo il debutto in casa Ryko è stato concepito con tutte le attenzioni del caso, circondandosi di amici di lunga data, eppure tutti al di fuori delle frequentazioni a cui si accennava in precedenza. Consegnatosi alle cure produttive di Chris Robinson (Black Crowes), Louris si è visto recapitare nuove leve del folk rock califnorniano alle sue spalle: nella band di studio appaiono infatti le chitarre e il basso di Jonathan Wilson, la steel dell'ottimo Joshua Grange (Dwight Yoakam, Chuck E Weiss), la batteria di Otto Hauser (Vetiver, Espers), le tastiere di Adam MacDougal (Macey Gray), musicisti affini per sensibilità e radici musicali, insomma il sostegno migliore per assecondare le canzoni del protagonista. Queste ultime restano impastate di anni '70, di sapori West Coast e "country cosmico", di un pop sensibile e colto che tocca una scrittura dolcemente malinconica e introspettiva, le armi che hanno da sempre reso indentificabile la voce di Louris.

La distanza dai Jayhawks non è dunque siderale, semmai esiste in Vagabonds una continuità, un ricorrersi reciproco che rende brani quali la sognate ballata True Blue o il walzer country di She Only Calls Me on Sundays un piacevole aggiornamento del passato. Potrebbe allora trattarsi di un temibile dejà vù, ma la classe cristallina che sfoggiano episodi come Omaha Nights, con quella tersa slide guitar a dettarne le ambientazioni, la filastrocca To Die a Happy Man e la sua inaspettata coda in odore gospel (fra le voci del così denominato "Laurel Canyon Family Choir si rinvengono Jenny Lewis, Jonathan Rice, lo stesso Chris Robinson e Susanna Hoffs), l'altrettanto avvolgente e corale We'll get By, sono tutte dimostrazioni di una sicurezza dei propri mezzi, quella che reso Louris fra i migliori custodi e traghettatori moderni di una certa tradizione rock americana. L'eredità di Gram Parsons, della West Coast più sognate di Stephen Stills e David Crosby (basterebbero Black Glass e la stessa Vagabonds) sono riviste senza complessi di inferiorità e soprattutto senza la paura di risultare unicamente una brutta copia o peggio un groviglio di ricordi e nostalgia. C'è troppa grazia nelle pennellate acustiche di D.C. Blues e nell'esuberanza pop incantata, con una punta di psichedelia, di I Wanna Get High, per relegare Gary Louris fra i semplici nostalgici: è piuttosto un colto e sensibile continuatore della memoria dell'American Music.
(Fabio Cerbone)

www.garylourismusic.com
www.myspace.com/garylouris


<Credits>