inserito 20/11/2009

Boca Chica
Lace Up Your Workbooks
[
Mint records  2009
]



La popolare bibbia rock online Allmusic definisce sbrigativamente - peraltro senza note biografiche - la musica dei Boca Chica come "latin": deve essere sembrato un bello scherzo alla malcapitata Hallie Pritts, voce e autrice attorno alla quale si coalizza questo progetto artistico nato in quel di Pittsburgh, la più lontana delle creature musicali rispetto alla definizione suddetta. Lace Up Your Workboots, terzo lavoro a partire dall'omonimo debutto del 2005, abita infatti le terre di un indie rock sognante e bagnato nelle acque della tradizione, con uso abbondante di pedal steel (James hart), chitarre e banjo (Jeff Baron dagli Essex Green e la spalla Christophen McDonald) a sostenere il canto indolente della protagonista. Ci troviamo davvero da tutt'altra parte, in quella commistione fra estasi pop, filosofia indipendente e riscoperta delle radici che così tanto popola il sottobosco americano di queste ultime stagioni.

Con ogni probabilità consiste proprio in questo il maggiore difetto di un disco, affascinante nelle atmosfere un poco dark e spirituali (una Neko Case meno ammaliante in compagnia delle Be Good Tanyas, giusto per citare qualche nome che è stato accostato, forse persino impunemente, ai Boca Chica), ma troppo indistinto e appagato da certe formule sonore per elevarsi nel mucchio. L'idea che i Boca Chica abbiano trovato la quadratura del cerchio, come certa stampa specializzata americana ha fatto notare, pare davvero una forzatura: è innegabile che Lake Erie e Backseat traghettino la lezione country rock sulle rive di un suono indie più impalpabile e ingentilito, scevro insomma da quella componente rurale che appartiene ai più fedeli ambasciatori del genere. Così come è sacrosanto rispolverare un rinascimento old time aggiornato ai nostri giorni, grazie a Pins and Needles, all'incantata Valentine, ad una Like Sheep in the Night che sarebbe piaciuta a Jolie Holland o alle Po' Girl, prima di tornare sui sentieri di un purismo alt-country fra le chitarre e la liquida steel che attraversa Workboots.

Impressioni sacrosante, se non fosse che oltre al pregevole dato strumentale (la band, allargata ad una decina di elementi, mostra un gusto irreprensibile), Lace Up Your Workboots si sfilaccia non poco sulla distanza, arrivando senza fiato nel finale, tra gli ammenicoli ritmici di Oh, Magdelene! e la lunga cantilena di The Hourglass Waltz (un ballata folk con qualche velleità modernista). Hallie Pritts non aiuta certo con quella cantilena vocale che si ritrova e l'idea di rievocare costantemente paesaggi, luoghi desolati e storie di ordinaria quatidianità con la naturalezza di una ragazza cresciuta nella provincia. Tutto mediamente amabile ma assai poco personale.
(Fabio Cerbone)

www.myspace.com/bocachica
www.cdbay.com


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