inserito 24/04/2009

The Decemberists
The Hazards of Love
[Rough Trade  
2009
]



Che i Decemberists avessero ormai cambiato decisamente rotta rispetto agli esordi folk-rock era cosa ben nota a tutti gli appassionati meno distratti. Già col precedente The Crane Wife (e con l'ep The Tain), la band di Portland, una delle più acclamate della scena indipendente americana, si era spinta verso discorsi dall'ampio respiro musicale e lirico, che tentavano di allargare il campo espressivo di un genere (ossia l'etichetta iper-abusata che risponde al nome di indie-pop) che oramai stava stretto a Colin Meloy e compagni. La scelta di uscire allo scoperto con una vera e propria opera rock, come quelle che andavano tanto di moda negli anni '70, non dovrebbe dunque stupire nessuno. Già, perchè questo The Hazards of Love è un vero e proprio racconto rock in musica, molto teatrale e, inutile dirlo, molto ambizioso. I Decemberists, si sa, o si amano o si odiano, non c'è una via di mezzo, e questo nuovo progetto non fa altro che accentuare questa dicotomia.

Si tratta, nella fattispecie, di una specie di fiaba silvestre, popolata di personaggi magici, che racconta la storia dell'amore tra Margaret, una ragazza di città, e William, una specie di folletto dei boschi, che incrociano sulla propria strada una serie di antagonisti. Per rendere poi più efficace il racconto in musica, al fianco della band compaiono una serie di ospiti che interpretano ciascuno uno dei personaggi principali. Troviamo quindi Becky Stark dei Lavender Diamond, nei panni della protagonista femminile Margaret e Shara Worden dei My Brightest Diamond che interpreta una maliarda ed affascinante Regina del bosco. Per vestire musicalmente questo coraggioso intreccio, i Decemberists si affidano a trovate musicali che trascendono decisamente i propri trascorsi stilistici e che spaziano attraverso ballate acustiche ed eteree come per esempio Isn't it a lovely night, sorretta esclusivamente da chitarra acustica e fisarmonica e pervasa da un'aria molto britannica, per arrivare a vere e proprie cavalcate hard rock che rimandano nientemeno che ai primissimi album dei Black Sabbath ma anche a certe sferzate in stile PJ Harvey, passando attraverso brani che non sarebbero stati fuori posto su un disco dei Gentle Giant (Won't wait for love su tutte).

Insomma, ci troviamo di fronte ad un disco molto complesso, sia liricamente sia a livello musicale, che strizza l'occhio al progressive rock degli anni '70, ma filtrato con un'attitudine decisamente "roots", che richiama un album come John Barleycorn degli immensi Traffic (nome stranamente mai accostato alla band di Portland). Tuttavia, è innegabile che spesso la complessità rischia di trasformarsi in pesantezza: la scelta di unire ogni traccia alla precedente sicuramente toglie un po' di respiro all'ascoltatore, mentre la ripresa del tema principale da parte di un coro di bambini in Revenge è sicuramente un brano di cui avremmo volentieri fatto a meno. Ciò non toglie che quest'opera, per quanto rischi di essere pretenziosa, ha in sé oltre al coraggio (che, detto per inciso, da solo non basta) una buona dose di orecchiabilità che rende il disco tutto sommato piacevole. Sconsigliato ai tradizionalisti più incalliti.
(Gabriele Gatto)

www.decemberists.com
www.myspace.com/thedecemberists


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