inserito 01/05/2009

Tim Easton
Porcupine
[
New West
2009]



"Ho pensato che l'animale chiamato porcospino fosse un simbolo perfetto per il suono di questo disco, per il fatto che da lontano appare come una creatura gentile e innocua, ma una volta che ci si avvicina è in realtà appuntito e potenzialmente pericoloso". E' una descrizione certamente curiosa per introdurre la propria musica, ma quanto mai azzeccata se ci si addetra fra le sonorità di Porcupine, quinto lavoro solista di Tim Easton, ex Haynes Boys che da qualche anno, nella generale indifferenza, sta infilando una serie positiva di lavori per la New West. Il suo folk rock pungente - è proprio il caso di dirlo - possiede acume e brillantezza, unisce il piglio arruffato di un autentico troubadour, la sincerità di un rocker di provincia e l'intelligenza di un autore che ha sempre tenuto aperte le braccia verso il mondo e l'evoluzione della pop music. Non si spiegherebbe altrimenti il lavoro in regia con Brad Jones e Robin Eaton negli studi Club Roar di Nashville, luoghi da cui non è necessariamente passata soltanto la solita combriccola Americana.

E non sarà certamente Porcupine a costringere Tim Easton fra le maglie di questo genere: lui resta semplicemente un songwriter tanto discreto quanto preparato, che fa viaggiare sullo stesso treno Bob Dylan ed Elvis Costello, chiede in prestito una melodia a Tom Petty, con la chitarre che scalciano fra le mura di un rock'n'roll frizzante (Broke my Heart e Baltimore arrivano dritte al bersaglio) e le gentilezze di un folk da strada. I suoi dischi prendono forma in luoghi lontani, con l'idea di uno spazio e di un tempo da accumulare esperienza dopo esperienza: Porcupine raccoglie frammenti fra Los Angeles (la California è la sua residenza ufficiale, nei pochi ritagli al di fuori dei tour incessanti), Dublino, Amsterdam, Seattle, Baltimora e la sua casa d'origine in Ohio, parlando di ragazze senza mai esser banale, di impressioni rubate ad un viaggio, capace persino di carpire qualche segreto a Raymond Carver. Il grande scrittore e poeta americano viene omaggiato quale principale ispiratore della sceneggiata southern rock The Young Girls, sapori soul con Susan Marshall ai cori, una discesa a Sud che si ripeterà nello swamp appiccicoso di Northbound.

Si tratta del suono più spavaldo esibito dagli esordi di Special 20, riconducendo alla base le sue ballate (in fondo mai così distanti, neppure nei momenti più "modernisti" espressi in The Truth About Us): sono le chitarre ficcanti di Kenny Vaughn (Lucinda Williams band, Marty Stuart) ad alzare la posta in gioco, tra il grattare bluesy della title track, le sferzate garage di Stormy e le stilettate elettriche di una Get What I Gor che fa muovere anche le pietre. Ma in fondo lo si poteva capire fin dall'inizio che l'aria si sarebbe surriscaldata: 1,2,3,4, scandisce chiaramente il battito Tim Easton in Burgundy Red e lascia a briglie sciolte la sua lingua "dylaniana", prima di immergersi nel calore della band e nelle scudisciate della sei corde.

Tutto ciò, beninteso, senza smentire l'affermazione fatta in apertura dallo stesso protagonista. Porcupine mostra infatti abbastanza charme e romanticismo per deliziare chi aveva imparato a conoscere Tim Easton come uno dei rappresentati migliori della nuova onda cantautorale sbarcata a Nashville qualche stagione fa (con lui Robbie Fulks, Tommy Womack e Todd Snider ad esempio): Stones Throw Away e Long Cold Night in Bed sussurrano tenerezze acustiche, 7th Wheel è un esempio perfetto di equilibri folk rock, così come Goodbye Amsterdam una piccola gemma pop dove piano (Brad Jones) e violino (Megan Palmer) prendono per mano la melodia e insegnano come si scrive una canzone partendo da poche ma chiarissime idee.
(Fabio Cerbone)

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