inserito 02/11/2009

Jay Farrar & Benjamin Gibbard
One Fast Move or I'm Gone - Music From Kerouac's Big Sur
[
F-Stop/Atlantic
2009]



Dici Kerouac e pensi a frasi che si rincorrono su rotoli di carta da telescrivente, a dita che cercano di stare dietro alle illuminazioni di una mente combusta meno da alcol e droghe che dall'inquietudine di una vita che sfugge alla presa... dita che provano a ricalcare sui tasti di una macchina per scrivere le veloci progressioni di Charlie Parker sul suo strumento. Kerouac e il bebop: l'invenzione di un linguaggio vergine che ogni aspirante scrittore dell'ultimo mezzo secolo ha tentato di prostituire, prima o poi. Ma il Kerouac di Big Sur, romanzo che prende distanza dal suo mito, dalla prigione in cui il clamore di Sulla strada l'aveva rinchiuso, è un uomo che si esilia in una capanna tra i boschi della California per vincere la dipendenza dall'alcol e, soprattutto, dal suo stesso personaggio. Il tentativo di disintossicazione fallì ma il libro, pur confuso e inconcludente, resta forse l'ultima sua cosa interessante da leggere: su questo periodo della vita dello scrittore il nipote Jim Sampas ha prodotto un film, diretto da Curt Worden, che lo ricostruisce con testimonianze di chi c'era (i sopravvissuti della beat generation, ormai pochi) e di chi avrebbe voluto esserci e quell'epoca l'ha vissuta nello spirito (Tom Waits, Sam Shepard, Patti Smith...).

A commentare le immagini non c'è Charlie Parker, ma due vagabondi dell'alt.country e dell'indie rock. Jay Farrar lo conoscete, mentre su Ben Gibbard spendiamo due parole: con i suoi Death Cab for Cutie proprio a Big Sur nel 2008 ha registrato un album, Narrow Stairs, che avrebbe meritato una segnalazione anche su queste strade. L'incontro risale al 2007, quando il progetto del film prese corpo, e la pronta sintonia tra i due (chi sarà il Dean e chi il Sal della situazione?) portò ad una collaborazione più impegnativa, lungo l'arco di due d'anni, di cui questo disco è il parto. One Fast Move or I'm Gone contiene le canzoni del film più altre, ispirate dalla lettura del romanzo, con citazioni e adattamenti dal libro legati insieme da un filo acustico intessuto di blues e folk, lontano dal jazz urbano amato da Kerouac. L'incontro funziona, i due musicisti sono ispirati e dalla povertà di mezzi espressivi (le loro chitarre, un piano, qualche intervento ritmico, la sporadica presenza di Mark Spencer dei Son Volt) spremono melodie avvolgenti, il mood che ci trasporta con lo spirito nella solitudine dei boschi della California a purgarci l'anima.

I brani hanno una sostanza introspettiva che illumina il lato meditativo - mistico anche - più che quello on the road, frenetico della scrittura di Kerouac. L'arma vincente è il contrasto, irrisolto e quindi fecondo, tra l'anima depressa di Farrar, con quella voce cinica, ridotta a volte ad un mugugno che insegue i voli della pedal steel (Low Life Kingdom, la disperata Big Sur: "I'm just a sick clown and so is everybody else") o lo scheletro di un blues (Breath Our Iodine, Final Horrors), e la solarità del timbro di Gibbard, le sue melodie aperte (All in One, These Roads Don't Move). Un contrasto che si accende quando le voci urtano nella stessa canzone, come nella title track. Pur nella staticità della musica, che non esce dai saputi perimetri, questo disco è un viaggio, che si avvia con la brillante California Zephyr ("Now I'm transcontinental/3000 miles from my home/I'm on the California Zephyr/Watching America roll by") per chiudersi su una nota scura (la mesta San Francisco) che sa di sconfitta. E' lo stesso contrasto di cui vive il libro, tra anelito di redenzione e caduta. Poco importa se la tensione originaria della prosa di Kerouac si scioglie in bozzetti crepuscolari in cui manca lo scarto, l'improvvisazione, lo scuotimento di sensi e ritmi. Jack si incazzerebbe a sentire le sue parole cullate in questo modo, a vedere il suo dramma trasformato in elegia. Ma poco importa, amico, fattene una ragione: a noi il disco piace.

(Yuri Susanna)

www.onefastmove.com
www.jayfarrar.net


 


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