William
Fitzsimmons
The Sparrow and the Crow
[Groenland
2009]
Se le strade della musica seguono talvolta diramazioni inconsuete, il
percorso esistenziale di William Fitzsimmons rappresenta un esempio
delle infinite possibilità di espressione racchiuse all'interno del pentagramma.
La sua sensibilità artistica si forma tra le pareti di una casa in periferia
nei dintorni di Pittsburgh, Pennsylvania, dentro le mura di un cammino
invisibile, quello dei genitori - entrambi nonvedenti -, che comunicano
le loro emozioni soprattutto attraverso i dolci frastuoni che pian piano
sostituiscono ogni suppellettile domestico. Pianoforti, chitarre, addirittura
un organo a canne costruito dal padre sono gli unici veicoli di comunicazione
familiare, nonché l'imprinting artistico del piccolo William, che cresce
tra le suggestioni degli eroi del folk - James Taylor, Joni Mitchell,
Bob Dylan e Simon & Garfunkel su tutti -, i gusti in divenire della madre
e l'ossatura della sua arte di cantautore.
Se avete amato i dischi di Bon Iver, Iron & Wine, oppure l'ultimo e compianto
Elliott Smith, questo è un disco per voi. The Sparrow And The Crow
giunge dopo Until When We Are Ghosts, l'esordio datato 2005, e Goodnight,
uscito l'anno dopo, entrambi autoprodotti. Si tratta in effetti della
sua prima fatica in studio, un concentrato di sfumature autunnali prodotto
da Marhall Altman, abile tessitore di suoni e arrangiamenti. Cantautore
evocativo, Fitzsimmons attinge a una dimensione particolare che si riflette
nelle sue liriche profonde, malinconiche, tristi e talvolta oniriche che
richiamano a più riprese l'arte di Nick Drake, attualizzando una naturalezza
espressiva decisamente inusuale. La sua esperienza come terapista in un
istituto di igiene mentale ha sicuramente lasciato un marchio indelebile
nella sua sensibilità di artista, così come i gradini di un'esistenza
priva di un normale punto di appoggio. Alcune sue composizioni sono state
utilizzate in serial tv di enorme successo - Grey's Anatomy e Army Wives
-, e questo ha permesso al suo nome di circolare amplificato, soprattutto
in rete.
I dodici brani del nuovo album riflettono la sfera autobiografica e sono
stati composti all'indomani del doloroso divorzio dalla moglie. Folk cantautorale,
melodie soffuse e delicate scandite da piano, chitarre e intrecci sonori
sperimentali ricamano una dimensione interiore, meditativa, sofferta,
e questo si avverte già nell'iniziale After Afterall,
grande ballata che decodifica un abbandono ("I still need you, after all").
Le grandi canzoni non mancano, tra arpeggi acustici ben delineati (I
Don't Feel It Anymore) e spazi dilatati, come ad esempio If
You Would Come Back Home, dove le emozioni sono cadenzate da
una splendida batteria e una melodia superba. Splendida Please
Forgive Me, voce sofferta che declina il dolore in tutte le
sue coniugazioni, magica Even Now,
pianistica, oscura e rarefatta, bello il folk appalachiano ritratto in
You Still Hurt Me, con un banjo in
evidenza, aperta e solare la conclusiva Goodmorning,
unico anelito di speranza all'interno di un disco notevole ("You will
find love"), perfetto in questo rito di passaggio tra autunno e inverno. (David Nieri)