inserito 27/05/2009

Israel Nash Gripka
New York Town
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Israel Nash Gripka  2009
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Lo skyline è inconfondibile: sotto un cielo dorato si stagliano i grattacieli di New York e il Brooklyn Bridge, mentre un ragazzo imbraccia la sua Gibson J-200 sulla riva del fiume. L'immagine rimanda a qualcosa di familiare, la musica rincara la dose e mette Israel Nash Gripka, songwriter del Midwest partito in cerca di fortuna nella immensa metropoli, con le spalle al muro: le sue ballate bluastre che si tingono di folk rock e alternative country verranno subito accusate di una dipendenza forte (e probabilmente necessaria) dalle regole imposte da Ryan Adams in queste stagioni. E' lui inevitabilemnbte il metro di paragone, non solo per Israel Nash Gripka va detto, ma quando l'ispirazione è alla luce del sole, limpida e sostenuta da canzoni rotonde e passionali, allora ogni recriminazione è lavata via dall'onestà e dalla promessa di crescere. New York Town è una passerella abbastanza brillante da collocare il nome di Gripka fra i talenti più interessanti di questo 2009, nell'attesa che le sue pene d'amore, le sue confessioni accorate acquistino un suono più personale.

Nel frattempo abbiamo da goderci un disco per nulla raffazonato nella sua produzione indipendente (Jimi Zhivago, anche puntuale chitarra d'appoggio), semmai perfetto nel disegnare morbide curve, mid tempo che mettono insieme un suono elettro-acustico pieno e coinvolgente in cui un organo, un banjo, una pedal steel (Rich Hinman), una seconda voce femminile (Fiona McBain) di tanto in tanto completano un quadro che si mantiene sui colori tenui, seppiati di un rock cantautorale da strade blu, sempre loro all'orizzonte: in Evening si sobbalza sulle cadenze della più recente tradizione (quella che è ormai diventata) alternative country; Let It Go è dolce e straziante al tempo stesso come poteva esserlo il Ryan Adams degli esordi di Heartbreaker, un ombra che si allunga minacciosa su Pray For Rain, armonica e baldanza pop che rimanda a Firecracker e New York (stavano su Gold, guarda caso). Tra una suggestione e un richiamo, Israel Nash Gripka si ritaglia il suo angolo: ha una voce imprecisa, persino eccessiva nel suo trasporto emotivo (You Were Right), ma sputa personalità e coraggio. Tanto basta per farsi trascinare nei vortici struggenti di Bricks, nei chiaroscuri di Confess, scivolando nelle maglie di ballate soulful (Either Way), magari un po' furbesche eppure narrate senza filtri.

Strada facendo si ha la netta impressione che Gripka trovi la giusta frequenza d'onda, la possibilità di mostrarsi come l'ultimo dei rinnegati troubadour sbucato dal Midwest (la sua briografia è generica e un poco misteriosa come si conviene ad un ragazzo in cerca di un briciolo di pubblicità): Let Me Down ha la scarpe sporche della terra d'origine, America profonda, Don't Run e Pink Long-Stem Rose sfoggiano la steel e il cuore di un moderno country singer diviso fra campagna e città, prima che Beautiful (solo voce e piano) abbandoni quella banchina lungo il fiume, lasciando che i muri di New York Town si dissolvano in lontananza
(Fabio Cerbone)

www.israelgripka.com
www.myspace.com/israelgripka


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