inserito 05/10/2009

Malcolm Holcombe
For the Mission Baby
[
Echo Mountains  2009]



Si sono scomodati tanti colleghi per Malcolm Holcombe e forse, dopo troppe stagioni all'inferno fra indifferenza e tortuosi percorsi discografici, finalmente sta raccogliendo un briciolo di consensi. Una notorietà circoscritta dentro quel mondo di songwriter, artigiani del folk e portabandiera del suono Americana in cui Holcombe a dire il vero rimane un po' rinchiuso a fatica. Perché, come giustamente lo definisce Lucinda Williams, lui è un poeta blues di questi tempi ma con un'anima antica e se non bastasse l'incoronazione della chanteuse rock, potremmo aggiungerci il cameo vocale di Mary Gauthier in Doncha Miss That Water: come dire che For the Mission Baby evoca un universo a parte, lo stesso di Guy Clark o Sam Baker per esempio, dove è impossibile liquidare le canzoni con un'etichetta e tutto andrebbe ricondotto alle ossa degli accordi, allo scheletro delle ballate, sempre troppo spiritate per farsi accostare al chiasso di un genere. Malcolm Holcombe ringrazia comunque sentitamente tutte la radio coraggiose che nel circuito Americana hanno avuto la pazienza di trasmettere la sua musica: lo scrive nelle note del cd con convinzione, salvo tornare a nascondersi, rantolando dentro il suo country blues legnoso ed essenziale, raccontando con un piglio naif di personaggi, sentimenti, storie e volti che hanno la bocca impastata di fango.

For the Mission Baby è meno intimo e personale del suo predecessore Gamblin' House, pare ritornare al lavoro sporco dello storyteller, anche se il modo di narrare in musica di Holcombe non è cambiato se non in maniera impercettibile: mugugna caversonoso in Bigtime Blues, accentuando quella voce che con il tempo sembra subire le stesse mutazioni di tonalità di Tom Waits, un lamento che rischia di tirare fino allo spasmo l'interpretazione. Sull'esecuzione però c'è assai poco da recriminare: Ray Kennedy produce lasciando che ogni strumento si adatti alle curve del protagonista, portandosi dietro il dobro spettacolare di Jared Tyler, il basso di David Roe, ma soprattutto mandolino, fiddle e bouzouki del quotato Tim O'Brien. Insomma le gente giusta di Nashville, con il cuore ancora rivolto alla tradizione, la quale risuona in ogni anfratto di For the Mission baby, facendosi trasportare fra bizze country e un'aria da festa hillbilly per rifugiarsi presto nelle maglie di una folk music dolcemente nostalgica (il violino che appoggia il canto in Another One Gone e Straight an Tall).

Sono tuttavia i brani più mossi come Leonard's Pigpen e Short Street Blues (le armonie vocali sono di Siobban Maher), o ancora il calore religioso, southern e corale, di Whenever I Pray (Levon Helm dovrebbe farla sua) ad offrire quel tono più gioviale alle stesse parole di Holcolmbe, che spezza le frasi, mangia le sillabe, strascica l'accento sudista ma non di dimentica di pizzicare quella Gibson J-45 del 1950 con un fingerpicking che è diventato un marchio riconoscibilissimo. E intanto manda avanti il suo teatro di solitudini (il commovente ritratto di Someone Left Behind) rimanendo fedele a se stesso e ad una memoria che non può tradire.
(Fabio Cerbone)


www.malcolmholcombe.com
www.myspace.com/malcolmholcombe



<Credits>