inserito 04/01/2010

Chuck Ragan
Gold Country
[
Side One Dummy/ Rude rec.
2009]



Da Gainsville (Tom Petty vi dice qualcosa?) alla California punk, il percorso artistico di Chuck Ragan ha seguito l'istinto e il sacro fuoco del rock'n'roll, ingrossando la marea di quelle band nate sulla interminabile scia del post-hardcore americano. Messi in soffitta gli Hot Water Music - almeno un paio di lavori nei '90 da ascrivere al genere - la direzione solista impressa alle sue canzoni è "franata" ancora una volta dentro il fango della tradizione e del folk, quello suonato con le corde strappate e la voce gridata alla luna. Gold Country scorre dentro un fiume in piena che sta travolgendo molti rocker cresciuti con lo sfrigolio delle valvole di un amplificatore e oggi riappacificati con le loro radici: Chuck Ragan entra di diritto in quella schiera di reietti che in questi anni ha visto tra i suoi protagonisti Ben Nichols (Lucero) e il suo splendido lavoro solista della scorsa stagione, oppure i meno noti Tim Barry e Austin Lucas. Ragazzoni americani che fra ribellione, tatuaggi e estetica punk rock hanno trovato un posto nel loro cuore per rispolverare strumenti acustici e ballate che conservassero la stessa rabbia, soltanto indirizzandola verso altre strade, più antiche, polverose, meno battute dalla civiltà.

Proprio insieme al citato Austin Lucas (riscoprite Somebody loves You, se amate la malinconia country alla Bonnie Prince Billy) Chuck Regan aveva sorpreso gli estimatori del suo precedente grido punk: Bristle Bridge era un'opera scritta a quattro mani che anticipava i temi e la solitudine dei suoi lavori solisti, cominciando dall'esordio per la Side One Dummy, Feast of Famine. Gold Country si abbevera alla stessa fonte ma scuote le acque con un folk d'assalto, un impianto elettro-acustico che ruba l'anima blue collar rock del musicista e la imprigona in tradizionali gighe country, con un uso abbondante del violino (l'onnipresente Jon Gaunt), la comparsa di una batteria (il vecchio compagno George Rebelo dai Hot Water Music) e naturalemente una pedal steel come corredo. Quest'ultima guarda caso è nelle mani di Todd Beene, lo stesso che colorava di orizzonti rosso fuoco The Last Pale Light in the West di Ben Nichols. E il cerchio si chiude, fra la gloria stracciona di questo folksinger dall'epica un poco "springsteeniana", se mi concedete l'ardito paragone. Eppure sentite il trasporto e la grandeur di For Goodness Sake in apertura, un folk rock che tiene la rotta della semplicità, delle emozioni allo scoperto, esaltando quella voce che come tanti altri colleghi si gioca tutto sul tormento e la passione, assai poco sul calcolo.

Non è dunque un disco di belle maniere Gold Country, è semmai roots music nel suo spirito più puro e indomito: vorremmo sempre sentire scalpitare mandolino e fiddle come in Let it Rain e Glory, rozza musica hillbilly che si tinge d'Irlanda, riflesso o meglio nascosta influenza musicale di Chuck Ragan che riaffiora spesso nell'intero album. In Cut em Down ad esempio, con quell'elettricità ridotta all'osso e un profumo irish che si diffonde fra il crescendo delle voci. Il disco coinvolge e trascina proprio mancando di "rispetto" per le belle maniere della tradizione: The Trench e 10 West sono folk song con un'animosità punk che Ragan non fa nulla per nascondere: arriva da li la sua irosa esperienza artistica e quell'esempio in testa mette a nudo la sua onestà di autore (lo confessa in Good Enough for Rock and Roll). Non è forse un fuoriclasse su questo terreno, ma conosce le armi della commozione: sentite Rotterdam e Don't Say a Word, basilare lezione di alternative country, steel e chitarre a condurre melodie avvolte nella nostalgia tipica del genere. In Ole Diesel spuntano persino un violoncello (Luke Janela) e un pianoforte, solo per ribadire che i ragazzi inquieti come Chuck Ragan sono capaci di stenderti con tutta la loro ingenuità e schiettezza: basta una scarna trama acustica in Get em All Home - chiaro il riferimento nel titolo ai ragazi americani in guerra - per strappare una sincera emozione.
(Fabio Cerbone)

www.chuckraganmusic.com
www.myspace.com/chuckragan



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