inserito 13/11/2009

Mark Rice
Topography Of A Bird
[
Pub Can Records  2009
]



Un debutto sofferto, dalla gestazione lunghissima, tanto che a un certo punto forse nessuno, tra gli addetti ai lavori, ci sperava più. Con il senno di poi, i fortunati che si sono ritrovati il disco tra le mani non hanno potuto che ringraziare chi di dovere, compatibilmente alla dimensione di appartenenza. Mark Rice è l'ennesimo cantautore generato dalla provincia, stavolta una cittadina della "rust belt" appalachiana, per essere più precisi Weirton, West Virginia, la fascia delle acciaierie dove si lavora nelle officine durante la settimana per poi ubriacarsi nei week end, senza che nessuno si accorga di nessuno, senza che una chitarra possa parlare, a meno che non la si intinga di poesia. La naturalezza con la quale Rice sprigiona una manciata di canzoni da brivido fa quasi gridare all'ennesimo, piccolo miracolo. Le sue ballate sospese tra Dylan e lo Springsteen di Nebraska lasciano con il fiato in gola, mentre la percezione del tempo subisce un repentino spostamento sull'asse tra antico e moderno.

Ballate semplici, liriche crude e riflessive, riannodate sulla matassa che divide sofferenza e redenzione, nella ricerca di quelle risposte che un uomo inevitabilmente va cercando sulla strada dell'esperienza. Quattordici i brani del disco, un'ora di musica intervallata da una canzone della collaboratrice Sissy Clemens (Starting Ground), ottima violinista che approfitta dello spazio aperto per sfoggiare le sue doti compositive. La voce di Mark è buona ed espressiva quanto basta, la track list parla il dialetto dei sogni, il suono è ben calibrato grazie alla produzione di Dave Young, che spesso arricchisce l'impianto con arrangiamenti orchestrali che però non oltrepassano mai la soglia di guardia. Chitarre acustiche, violino e piano costituiscono il comun denominatore dell'impalcatura che sorregge alcuni gioielli tutti da scoprire, dall'iniziale Show Me How To Love fino alla conclusiva Swirling, intenso folk cantautorale che si intercala nella tradizione rendendola sempre più attuale.

Il sussulto vero e proprio giunge con Ohio, canzone che oserei definire straordinaria, intro acustico che dilata una melodia superba sorretta da batteria e Hammond. Molto belle Maybe This Time, ottimo gioco di chitarre, piano e armonica a foderare il folk con un elegante pop tutto da gustare, e Broken Or Whole, altro tassello importante dotato di un refrain da antologia che si appiccica ai gradini della memoria senza l'intenzione di scendere, almeno a breve termine. Una penna notevole, che manifesta tutta la sua forza in Hold Me Now, Don't Let Me Down e Save Me Tonight, dove l'artista si rivolge a un amico, a una donna, a Dio stesso per cercare una via d'uscita al vuoto che lo circonda. Atmosfere rarefatte e incantate, perlopiù acustiche e incontaminate: chi ama la musica d'autore ha un nuovo nome su cui puntare.
(David Nieri)

www.markricemusic.com
www.myspace.com/markricemusic



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