Blue
Rodeo
The Things We Left Behind
[Warner
Music Canada 2009]
E' difficile pensare a qualcosa di meno appetibile di un lungo doppio
album licenziato da una band che ormai da quindici anni non produce più
nulla di veramente significativo, e che per di più ha sempre avuto negli
eccessivi rilassamenti e in alcune evidenti prolissità il proprio maggior
difetto. Eppure The Things We Left Behind è qui da sentire,
85 minuti di puro Blue Rodeo-sound che riescono raramente a stancare,
sedici brani che Greg Keelor e Jim Cuddy hanno scritto e riscritto in
più di vent'anni di carriera, ma che evidentemente non trovavano la forza
per ribadire con la giusta convinzione. Questo disco è forse l'apice di
un recupero di quella voglia di tornare e rimettere il naso fuori dai
confini canadesi che già aveva caratterizzato i non disprezzabili Are
You Ready e Small Miracles, una specie di sfogo liberatorio per rivendicare
il proprio posto d'onore negli annali del rock. E soprattutto, udite udite,
qua e là affiorano episodi che fanno davvero gridare al ritorno ai tempi
d'oro, lontani ormai anagraficamente, ma ancora attuali nel perfetto mix
di suoni d'applausi e songwriting fluido e convincente sciorinato in One
More Night, Wasted e Never
Look Back, veri e propri figli minori del grande Lost Together
del 1992.
Ma quello che impressiona stavolta è il ritorno ad uno studio di arrangiamenti
e soluzioni alternative all'abusato dialogo piano-chitarre acustiche,
con sei corde molto più rock ma mai troppo sguaiate, organi pressanti
ma non invadenti, e armonizzazioni vocali sempre puntuali. Niente elettronica,
nessun atteggiamento indie-intellettualistico "à la page" e nessuna concessione
a tutto quello che questi anni 2000 hanno comunque fatto scorrere, i Blue
Rodeo restano una band nostalgica e per nostalgici, e quando sperimentano
(Million Miles, o la stessa title-track),
lo fanno sempre senza mai uscire dai canoni di quello che i ragazzini
di oggi chiamano "classic rock". I brani scorrono veloci, con il solito
mix tra country-rock (Sheba e Arizona
Dust), travestimenti da Beatles rurali (And
When You Wake Up o You Said)
e lunghe cavalcate alla Neil Young (i dieci minuti di Venus
Rising), senza cavalli pazzi nel motore, ma con qualche optional
strumentale in più al posto di guida.
Le lungaggini ci sono, più dovute alla quantità che all'effettiva qualità,
e al massimo avremmo potuto rinunciare a qualche piano-song troppo auto-compiacente
(One Light Left In Heaven),o a pop-songs
che non tengono il passo delle altre (la leggerina Gossip),
ma nel complesso questi cinque attempati signori di Toronto sono riusciti
a mantenere un livello invidiabile. The things We Left Behind
è un disco non per tutti, bisogna essere già pienamente predisposti a
questo stile e non cercare rivoluzioni, consci che non è da un disco dei
Blue Rodeo che potranno partire. Consigliamocelo tra noi come veri carbonari,
come fosse un oggetto vietato perché contro le regole del progresso o
una droga pericolosa per l'evoluzione umana: pare che una dose per uso
personale sia ancora consentita. (Nicola Gervasini)